MARZO 2019 PAG. 42 - Napoli, il porto dopo due anni di nuova governance
Un nuovo modello di collaborazione tra istituzioni, forze produttive e associative. Al centro il porto e le economie che riesce ad attivare. Catalizzatore degli elementi necessari a traghettare il sistema territoriale nella fase ascendente del capitalismo logistico, nel tentativo di superare la parcellizzazione delle responsabilità che produce continue inefficienze nei processi decisionali ed attuativi. La posta in gioco la presenza nel Mediterraneo, sempre più epicentro dei nuovi equilibri geoeconomici del XXI secolo. E la capacità di intercettare le potenzialità di sviluppo che lo attraversano.
Il bilancio di metà mandato alla guida della AdSP del Mar Tirreno Centrale fatta da Pietro Spirito (“Il porto dopo due anni di nuova governance”, convegno organizzato dal Propeller Club di Napoli) restituisce l’immagine di un sistema portuale che si è scrollato di dosso il lungo periodo delle presidenze anonime e del commissariamento (almeno per quanto riguarda lo scalo partenopeo), sfruttando il nuovo assetto amministrativo previsto dalla riforma Delrio per inverare quell’immagine, fin qui stantia e tutto sommato retorica, che vuole le banchine come “motore economico” della Campania.
Sbloccati con un primo pacchetto di delibere una sessantina di milioni di opere già finanziate è sul Beverello che l’ente portuale ha giocato la sua prima partita decisiva. Suscitando non poche polemiche in alcuni ambienti politici e imprenditoriali cittadini Piazzale Pisacane ha scelto la strada di una regolamentazione “attiva” delle risorse statali. Bocciata le proposta di risistemazione ad opera di privati dell’area (centro nevralgico dell’area urbana che movimenta circa 6,5 milioni di passeggeri) ha promosso un progetto di infrastrutturazione pubblica per servizi essenziali nella logica della garanzia della parità d’accesso al mercato. “Il waterfront - nelle parole di Spirito - è una cerniera simbolica del rapporto scalo-territorio”. È su quest’asse che diventa pienamente visibile “la necessità di un’integrazione tra le funzioni interne al porto e quelle cittadine”.
Tentativo di espandere la valenza della dimensione logistica oltre i meri limiti spaziali assegnati, attivando un meccanismo di coesione tra tutte le forze in campo, il nuovo corso assumerà valenza strategica e risolutiva soprattutto per lo sviluppo dell’area Est. “Così come concepita la darsena di Levante, con i suoi 640 metri di fronte non basta più,” avverte il presidente dell’AdSP. “Il gigantismo navale sta innescando un meccanismo di slittamento anche per le navi di taglio medio: il nostro target non può prescindere dalla capacità di accogliere unità da 10-12mila Teu”. Da qui la necessità di un’espansione dell’area orientale per raggiungere un fronte di banchina di almeno 1,5 chilometri che chiamerà tutti i protagonisti coinvolti nei processi decisionali ed attuativi ad un confronto sul lungo termine. E in un paese in cui la continuità dell’azione amministrativa è continuamente messa in discussione si tratterà di un obiettivo non da poco.
Come non banale risulterà il banco di prova rappresentato dall’attivazione delle ZES. Frutto proprio dell’intensa interlocuzione tra ente portuale e Regione, il successo delle zone speciali, in attesa del decreto semplificazioni da parte del governo, con il lavoro tuttora in corso per definire uno strumento normativo che garantisca “rispetto per i paletti imposti e l’automatismo dei finanziamenti”, sancirà anche la prima piena riuscita del nuovo modello di coesione a trazione logistica.
Basterà ad aprire una nuova stagione di programmazione e disegnare un contesto favorevole a recuperare la quota di Pil che vede tuttora il Meridione arrancare rispetto ai livelli pre-crisi? Entro l’estate, con l’iter procedurale della ZES probabilmente attivato e una gestione delle Universiadi senza eccessivi impatti sulla vivibilità complessiva dell’area e sul piano di risistemazione del Beverello, il quadro della scommessa sarà senza dubbio più chiaro.