APRILE PAG. 16 - Confetra porta a Pietrarsa gli scenari della logistica
Il sistema economico globale sta attraversando una fase di cambiamenti strutturali che si riverberano inevitabilmente anche sul segmento logistico. Analizzare lo stato del settore, le sue dinamiche e le criticità che caratterizzano il quadro italiano è l’obiettivo con cui Confetra ha organizzato una “tre giorni” di assemblee e incontri delle sue organizzazioni territoriali. A Pietrarsa (Napoli) la manifestazione “Evoluzioni e scenari della logistica tra dinamiche globali e vocazioni territoriali”, evento pubblico organizzato dal Coordinamento Mezzogiorno della Confederazione e passo di debutto per la territoriale della Campania, si è discusso dello stato dell’arte nel comparto e del suo possibile ruolo di rilancio per l’economia del Sud Italia.
Nereo Marcucci (Presidente, Confetra). Il panorama della logistica è ridisegnato da elementi esterni (guerra dei dazi, Brexit, BRI, solo per fare alcuni esempi) ed interni (riorganizzazione dei processi operativi). Una vera e propria rivoluzione che chiama in campo, oltre alla capacità di analizzare le dinamiche in atto, anche un nuovo tipo di interlocuzione con i decisori. Si ripropone la questione della “rappresentanza” e di una sua nuova organizzazione, più efficace e più in linea con le esigenze degli operatori. “L’obiettivo di Confetra deve essere la creazione di un network di sostegno ad una rinnovata policy nazionale”. L’organizzazione delle rappresentanze territoriali va in questa direzione: “interloquire con i poteri diffusi, con l’articolazione del sistema amministrativo”. Il traguardo, come risposta alle sfide del presente e del futuro poste dalla ridefinizione degli equilibri geo-economici è “la capacità di produrre di più, meglio e di esportare”. Con un’attenzione particolare allo sviluppo della connettività ferroviaria, vero e proprio must per rendere più efficiente l’interop sistema produttivo della penisola.
Ermanno Giamberini (Presidente, Confetra Campania). La velocità con cui cambia il mondo impone di rivolgere lo sguardo al futuro, senza troppe illusioni di bloccare le tendenze in atto. Innanzitutto, prendendo coscienza di uno stato di impasse che troppo spesso penalizza le risorse professionali sul territorio. Il quadro generale su cui misurarsi è quello della progressiva concentrazione del mercato e dell’integrazione verticale dei processi. “Secondo un recente studio dell’OCSE siamo di fronte alla quarta generazione delle alleanze. Con la differenza che se negli anni novanta le aggregazioni riguardavano vettori medio-piccoli oggi si registra un’inversione di tendenza”. Le conseguenze si misurano in termini di barriere all’entrata nel mercato, con uno squilibrio crescente nei rapporti di forza; la congestione delle aree portuali, chiamate a confrontarsi con abnormi volumi di merci che viaggiano su poche navi; una ricorrente integrazione dei servizi da parte dei grandi player che sbarcano a terra, alla ricerca di margini di profitto sempre più esigui in mare. “Le acquisizioni di terminal dal 2001 al 2018 sono passate dal 17% al 38%”. Ma il fenomeno non riguarda solo questo segmento, allargandosi a tutta la filiera del trasporto. La ricerca dell’interlocutore unico produce così “la percezione che tutti i servizi di logistica siano uguali, schiacciando sul prezzo gli operatori tradizionali”. Un processo di “commoditizzazione” che nega alla radice il rapporto con l’attività manifatturiera e la natura “operativa” di chi lavora nel settore. Come reagire? Migliorare il dialogo con le istituzioni, diventando parte attiva dei processi decisionali diventa essenziale, così come “garantire servizi di qualità alla committenza”. “Il lavoro dell’associazione deve incentrarsi nel supporto agli investimenti tecnologici, anche attraverso un migliore sfruttamento dei fondi comunitari, e alla formazione”. Senza dimenticare i nodi ancora da sciogliere come lo sportello unico, “strumento che attendiamo dal 2016 e che se applicato potrebbe rendere più appetibile l’offerta territoriale”. “Nota dolente”: la penuria di infrastrutture. “C’è un deficit da colmare. È arrivato il momento di superare l’impostazione emergenziale con cui il problema è affrontato nel Meridione nel corso degli ultimi decenni. L’auspicio è che le questioni infrastrutturali possano un giorno essere discusse in un contesto di ordinarietà . Per farlo sarà necessario che ognuno faccia la sua parte”.
Domenico De Crescenzo (Coordinatore, Confetra Mezzogiorno). La grande segmentazione della portualità italiana, dovuta a fattori geografici e storici, rende il sistema più soggetto alla pressione dei grandi player. C’è un fattore competitività su cui lavorare, a maggior ragione in una zona del paese come il Mezzogiorno dove il Pil logistico non supera il 20%. “I tempi delle verifiche sono una leva per recuperare traffici, al di là dei luoghi comuni che si spendono sulla BRI. In Nord Europa i controlli coinvolgono meno dell’1 per cento della merce, mentre da noi si aggirano sul 12-13 per cento”. E se è vero che per la natura delle nostre norme (e probabilmente anche per la composizione delle merci che passa dalle nostre banchine) non si può ambire a raggiungere i livelli sottodecimali del Northern Range diventa necessario essere più celeri. “Non è possibile aspettare una settimana per il controllo fitosanitario o quattro giorni per vedersi sbloccato un container frigo”.
Pietro Spirito (Presidente, AdSP Mar Tirreno Centrale). Alla radice dei cambiamenti nel settore c’è la disintermediazione della filiera provocata dalla digitalizzazione. Due i modelli principali con cui si è risposto: quello tedesco, avviato negli anni novanta con l’acquisizione di servizi logistici e l’introduzione di politiche volte a garantirne la massima competitività , e quello cinese, incentrato invece sulle infrastrutture. Rispetto a questo quadro, la possibilità del sistema gateway della Campania di riuscire a servire nel miglior modo una potenziale catcher area che raggiunge il 14% dell’intero territorio nazionale, sconta “il deserto produttivo alle spalle delle banchine e un calo degli investimenti pubblici drammatico, pari al 28% dal 2001”. La ZES potrebbe rappresentare uno degli elementi su cui ripartire ma “completata la sua architettura istituzionale ci si è addentrati nel tipico tunnel italiano”. “Stiamo ancora attendendo la definizione del meccanismo del credito d’imposta ma sulla questione c’è bisogno di fare chiarezza: è un progetto su cui bisogna puntare nel lungo periodo, com’è successo in Cina dove quella di Shenzhen, attiva da quarant’anni, ha dovuto aspettarne non meno di sette per registrare i primi risultati concreti”. Più alla portata nel breve termine alcuni provvedimenti come i fast corridor, “anche solo su gomma per cominciare ad alleggerire la pressione del traffico nei porti”.
Ennio Cascetta (Amministratore Unico, RAM). Le nuove tendenze logistiche stanno alimentando un “disaccoppiamento” tra economia e settore dei trasporti. “Sta venendo meno la proporzionalità tra crescita del Pil e crescita del traffico. Un fenomeno particolarmente acuto in settori come il ro-ro e il tutto gomma che sta determinando una saturazione progressiva delle infrastrutture”. Una criticità aggravata dalle scelte politiche di Austria e Svizzera, con le misure di limitazione della circolazione, e dal mancato adeguamento di passaggi strategici come Frejus e il Brennero. “Il problema della ‘cintura di castità ’ rappresentata dalla Alpi non riguarda solo la pianura Padana ma tutto il Sud che esporta. Nel momento in cui migliorerà la situazione politica della sponda Sud del Mediterraneo, il Mezzogiorno sarà in pole position per collegare il continente con il più grande margine di crescita economica”. Obiettivo che potrà essere centrato “portando l’A/V nel resto del paese” e sbloccando gli oltre 20 miliardi di opere già finanziate (solo 15 miliardi per il piano di adeguamento previsto da RFI) ma bloccate ai nastri di partenza. “Risorse che con l’indotto possono raggiungere i 40-45 miliardi e che potrebbero garantire fino a 80 mila posti di lavoro”.
Giovanni Grande