FEBBRAIO 2019 PAG. 62 - Il racconto del Miglio d’Oro
di Gianfranco Russo - editori Paparo
Cargomar, la cultura come scelta di responsabilità sociale
Puntare sulla cultura per radicare e migliorare la qualità della propria presenza sul territorio. È la peculiare declinazione in tema di responsabilità sociale che vede Cargomar, freight forwarder specializzato nella movimentazione worldwide di tutte le commodities su tutte le modalità di transport, impegnata da tre anni a questa parte in un ambizioso progetto editoriale. Un work in progress che punta a raccontare Napoli, la sua storia, i suoi luoghi di eccellenza spesso sconosciuti al grande pubblico.
“Il progetto nasce nel 2016, in occasione dei dieci anni attività,” spiega Vincenzo Minieri, Ceo dell’azienda. “L’idea era quella di puntare sulla scoperta e riscoperta delle nostre radici, di una identità che rischia di perdersi nei ritmi sempre più serrati della globalizzazione. Da qui la scelta di non pubblicare l’ennesima storia statistica del nostro territorio. Ma di farne il racconto, puntando su una visione più laterale, affidata a docenti universitari ed eccellenze del mondo imprenditoriale e della cultura in grado di trasmettere la passione e l’orgoglio per la propria terra”.
Giunta al terzo volume, la collana “Genio e Impresa”, nata dalla collaborazione con l’Editore Paparo, ha suscitato via via un crescente interesse, soprattutto a livello istituzionale, andandosi a configurare, anche per la scelta del testo a fronte in inglese, come un interessante strumento promozionale e di marketing territoriale.
“Non credo che il ruolo dell’imprenditore debba risolversi nella sola creazione di ricchezza e occupazione, obiettivi di per sé fondamentali. Restituendo al territorio parte di ciò che si è ricevuto bisogna concorrere anche al miglioramento del contesto, alimentando circuiti virtuosi”.
È seguendo questa filosofia che l’impegno di Cargomar non si ferma solo alla cultura. L’azienda è attivamente impegnata anche nel sostegno alle attività sportive cosiddette minori, senza trascurare le esigenze di chi è meno fortunato. È il caso, ad esempio, della collaborazione con la onlus AVEP che contribuisce a gestire le necessità del reparto di ematologia dell’Ospedale Pascale. “Partecipiamo all’organizzazione dell’evento annuale del Lions Club Portici Miglio d’Oro a Villa Signorini, una rassegna di musica e spettacolo che ci permette di raccogliere fondi per alleviare l’esperienza dei degenti. A volte basta pochissimo, un abbonamento alla pay tv, per alleggerire le giornate e trasformare una situazione disagevole in qualcosa di più vicino alla quotidianità perduta”.
Particolare attenzione, come si diceva, anche allo sport, “la cui valenza in termini di valori è paragonabile a quello della cultura”. Cargomar sponsorizza la squadra di Napoli di futsal, calcio a 5, “che partecipa con buonissimi risultati al campionato di serie A”, così come la Rari Nantes, nella pallanuoto. “Un supporto ad attività sportive caratterizzate da una scarsa visibilità rispetto alla passione che suscita il calcio ma che però riescono a tenere i ragazzi lontano dalle strade, in zone spesso problematiche, educandoli ai valori della condivisione e del rispetto”.
In questa spiccata attenzione per il contesto di riferimento, la recente pubblicazione del volume dedicato al Miglio d’oro, dopo quelli incentrati sul porto di Napoli e piazza Mercato, assume un significato tutto particolare. “Quello dei comuni costieri a ridosso del Vesuvio – sottolinea Minieri – è un panorama che mi è particolarmente caro, perché è quello dove sono nato e cresciuto e dove ha mosso i primi passi la nostra attività imprenditoriale”.
Presentato a fine anno nello scenario affascinante del Museo Ferroviario di Pietrarsa, il libro ricalca l’impostazione scelta per le opere precedenti. Corredato da un ricchissimo apparato iconografico, con riproduzioni di opere d’arte, tavole e foto spesso inedite, ricostruisce, attraverso una serie di contributi accademici, la tappa del Grand Tour che vedeva protagonista a cavallo tra il XVIII e XIX secolo le magnifiche ville sorte sulla costa nel periodo borbonico.
Arricchito da un intervento di Pietro Spirito (Adsp del Mar Tirreno Centrale) sull’evoluzione recente del sistema ferroviario italiano, e sulle sfide da cogliere in questo settore per garantire il rilancio logistico del paese, e da quello di Ernesto Petrucci (Fondazione FS Italiane) sulla trasformazione di Pietrarsa da antica officina industriale in moderno polo museale, il cuore della narrazione è affidato al ricercatore Gianfranco Russo che passa in rassegna la storia del territorio vesuviano. Attraverso un tragitto che parte dalle origini romane, con il racconto dell’eruzione del 79 d.c. che Plinio il Vecchio consegna all’immaginario collettivo, all’epoca d’oro del Regno Borbonico in cui, a partire dalla realizzazione della Reggia di Portici, comincia ad articolarsi un rapporto sempre più stretto tra “tempo e paesaggio”.
“Il Vesuvio diventò sempre più parte del paesaggio e del colore napoletano,” rileva Russo. “I visitatori stranieri non potevano fare a meno di scalare la vetta della montagna per ammirare la meravigliosa vista che da lì si poteva godere e per provare i brividi al pensiero della collera della natura, tema carissimo alla sensibilità artistica di quegli anni. Ercolanesi e porticesi giovani ed anziani facevano a gara ad accompagnare i viaggiatori e, per piccole mance, improvvisavano spiegazioni alla buona in linguaggi maccheronici, accompagnati da canzoni e dalla immancabile gestualità napoletana”.
Un paesaggio, costellato di splendide ville nobiliari realizzate per la massima parte nel settecento, che produce il miracolo di un perfetta armonia tra natura e varietà architettonica. “Il nome popolare, Miglio d’Oro, contrariamente a quanto si crede, non nasce dalla ricchezza delle ville che vi sorgevano, ma dal fatto che i giardini di queste ville erano in massima parte organizzati con aranceti, limoneti e altri agrumeti. Il colore di questi frutti profumatissimi valse appunto il nome di Miglio d’Oro”.
Ma c’è anche un’altra storia che riguarda questo territorio. È quello dell’industria vesuviana e degli investimenti profusi dal Regno Borbonico in alcuni siti (Pietrarsa, la Real Fabbrica d’armi di Torre Annunziata, i Cantieri Navali di Castellammare) che ne hanno modificato e plasmato i connotati in modo definitivo. Tanto da portare l’autore a porsi una domanda provocatoria: “fu il 19 giugno 1836 (data della realizzazione del primo collegamento ferroviario del Regno, ndr) una data gloriosa, festosa, la data di un grado successo?”. O, piuttosto, “un rovescio della medaglia: la data che ha segnato la fine per le ville vesuviane?”.
Questione complicata, materia di dibattito storico (“furono anche altre le questioni del declino”, suggerisce Russo) che non esime, guardando all’oggi, da un ultimo interrogativo sul destino futuro del Miglio d’Oro e sul tema fondamentale della fruizione delle ville nel contesto del XXI secolo.
“Le ville vesuviane sono diventate, in questi anni, veri e propri teatri all’aperto”. Al centro di manifestazioni svariate – dalle mostre di pittura, scultura e arte presepiale ai festival di cibo etnico, dalle feste a tema fantasy ai laboratori per bambini fino agli incontri di wrestling – va ridefinita la loro funzione di attrazione culturale, “senza storcere troppo il naso sulla natura delle iniziative”, soprattutto quando in grado di reperire fondi per la loro conservazione. Perché, “il territorio vesuviano ha bisogno delle sue ville al meglio della loro efficienza”. “Esse sono la testimonianza storica imprescindibile della grandezza del passato, una risorsa per il presente e finestre spalancate per il benessere futuro. Proteggendole, si protegge questa terra e, in definitiva, si protegge il nostro futuro”.