FEBBRAIO 2019 PAG. 30 - L’alleanza tra logistica e impresa è una via obbligata
Il rallentamento del quadro economico rende ancora più strategico il settore produttivo votato all’export. Competenze e logistica diventano i fattori abilitanti a sostegno delle PMI. Bisogna attrezzarsi innanzitutto culturalmente, puntaAre all’internazionalizzazione, sfruttando il brand Made in Italy e tutti i supporti a disposizione per aumentare il proprio portafoglio clienti.
Clara Ricozzi (Presidente, OITA). In un segmento tipico del Made in Italy come quello dei prodotti alimentari diventa importante verificare che i processi logistici avvengano in modo regolare per evitare possibili alterazioni derivanti dalle condizioni di trasporto (ad esempio vibrazioni o sbalzi eccessivi di temperatura). “Oggi si pone più attenzione all’integrità dell’imballaggio e si tralasciano le condizioni del prodotto, con il rischio di danni irreparabili all’immagine del comparto”. Lungo questo sentiero si inserisce l’iniziativa per l’apertura di un tavolo di lavoro tra gli stakeholder che realizzi un “manuale di buone pratiche” ad adesione volontaria. “Un primo passo, per un progetto da estendere anche ai trasporti su lungo raggio, verso un confronto a livello istituzionale per giungere alla elaborazione di norme standard in materia”.
Umberto Torello (Presidente, Sez. Trasporti Alimentari Anita). Nuove tecnologie, supporti multimodali, miglioramento della logistica del freddo “perché, da solo, il brand made in Italy, non basta”. “Il settore food è ancora eccessivamente frammentato, i piccoli produttori e distributori non hanno strutture adeguate ed è qui che può intervenire la logistica”. Non solo trasporto, dunque, ma anche consulenza specifica nella gestione del ciclo della temperatura controllata. “Il futuro si giocherà sulle relazioni, su una responsabilità condivisa che deve fare leva sulle migliori condizioni per preservare la qualità dei prodotti”.
Patricia de Masi Taddei (Partner, Studio Legale dMTV). “Il made in Italy rappresenta soprattutto un concetto di qualità e va preservato con tutti gli strumenti normativi a disposizione”. A partire dal 1968, data della Convenzione di Madrid, la tutela del marchio si è articolata ulteriormente sia con iniziative legislative nazionali sia comunitarie. Ma è oggi, con l’applicazione delle nuove tecnologie che si può garantire il massimo della genuinità di un brand. “Blockchain e IOT possono tracciare la filiera attraverso cui è passato un prodotto fornendo al contempo ulteriori dati circa la sua caratterizzazione”. Un processo che dalla moda all’alimentare può certificare ogni singolo passaggio, dalla realizzazione alla consegna, di un determinato bene.
Marco Colombo (Presidente del settore Agroalimentare, Aime). “E’ arrivato il momento, provocatoriamente, di chiederci che cosa significhi realmente il made in Italy per il mercato cinese”. A dispetto della retorica sulle “civiltà millenarie che hanno molto in comune” bisogna prendere atto che la conoscenza della nostra cultura, con tutto ciò ne consegue anche a livello economico, è ancora scarsa in Cina e nel resto dell’Asia. Si sconta un gap di divulgazione, dando per scontato una preferenza per il made in Italy che in realtà è tutta da dimostrare (e conquistare). “Il nostro sistema produttivo è ricco di eccellenze ma non ha ancora imparato a fare squadra. È arrivato il momento di sfruttare ogni aspetto delle supply chain e cominciare a lavorare in network cercando di imporre un gusto, il nostro, che non siamo stati in grado di comunicare.
Stefano De Paoli (Principal Consultant, Invest Hong Kong). Per garantire il controllo continuo della supply chain è necessaria la presenza sul posto. “I prodotti non possono essere semplicemente venduti e lasciati gestire da altri: in questo modo si rovina il mercato e l’immagine di tutto il sistema. Il made in Italy va distribuito, pubblicizzato, venduto”. Il modello di riferimento è il settore della moda in grado di coordinare e controllare tutto il brand assecondando “la propria cultura e conoscenza”. “Le aziende italiane devono aprile filiali estere e, quando troppo piccole, ricorrere ai consorzi o alla specializzazione dei player logistici.
Riccardo Fuochi (CEO, Logwin Italia). L’alleanza tra logistica e impresa, con ognuno chiamato a fare il proprio mestiere, è una via obbligata. “Non si può ragionare solo in termini di risparmio dei costi. Servizi logistici efficienti e competenti, in un territorio come la Cina dove manca il know how della sensibilità verso il prodotto, determinano la vera concorrenzialità finale dei prodotti”. Affidarsi ai grossi gruppi, con la standardizzazione del servizio, “espone al rischio di subire la pressione futura dei monopoli e di non poter contare sul personale migliore per la risoluzione dei problemi”. “Essenziale anche la capacità di aggregarsi, sfruttare le nuove tecnologie e cogliere le opportunità che si stanno aprendo con la BRI. I nuovi servizi ferroviari, più veloci del via mare e meno costosi del via aereo, possono rispondere in maniera egregia alle esigenze del nostro export”.