FEBBRAIO 2019 PAG. 28 - BRI: geografia e geopolitica della logistica e dei trasporti
Giorgio Cuscito (Coordinatore rubrica Bollettino Imperiale, Limes). Definizione tutta interna all’occidente, la “Nuova Via della Seta” non coglie la portata egemonica della Belt and Road Initiative. Molto più che un progetto infrastrutturale, orientato a fini interni (sviluppo delle aree periferiche, smaltimento della sovracapacità economica), la BRI funge da cartina di tornasole di un’ascesa mondiale che fa delle reti logistiche una vera e propria arma geopolitica. “L’elemento di grande novità deriva dall’intenzione cinese di farsi potenza marittima. Il paese ha infatti bisogno di rotte alternative a Malacca per bypassare il dominio americano dei mari e il rischio di blocchi ai rifornimenti di materie prime”. Sul lungo periodo le ripercussioni riguarderanno i partner dell’iniziativa più fragili dal punto di vista economico (“la trappola del debito”) ed un aumento della presenza militare cinese (il recente insediamento a Gibuti ne è un esempio). “L’obiettivo finale è mettere la Cina al centro di una massa euroasiatica collegata all’Africa attraverso lo sviluppo di reticolati infrastrutturali spontanei”.
Alessia Amighini (Senior Analist, Ispi). Il nesso tra connettività fisica e immateriale si va invertendo. “Le reti di scambio fisico hanno sempre alimentato il bisogno di servizi immateriali a supporto. Oggi è la superconnettività garantita da internet, finanza e servizi logistici a influenzare lo sviluppo delle relazioni fisiche”. Nasce così un nuovo tipo di globalizzazione più regionalizzata. “Non una globalizzazione in versione cinese, dato che Pechino punta più a costituirsi come una realtà parallela con sporadiche connessioni ai flussi mondializzati. Piuttosto il consolidarsi di due poli, uno asiatico uno americano, con l’Europa presa in mezzo”. Una dinamica testimoniata dalla funzione di hub che la Cina ha affidato ad Hong Kong, diventato una piattaforma immateriale essenziale (in particolar modo per i servizi finanziari) per la sua proiezione economica.
Massimo Deandreis (Direttore, SRM). Con il raddoppio di Suez è aumentato il traffico cargo, in particolar modo container. “Il Mediterraneo è un piccolo lago ma assume una importanza cruciale come baricentro tra BRI, mercati europei e paesi MENA. Il solo interscambio i Paesi del nord Africa e del Medio Oriente assomma a circa 20mila miliardi, doppiando i numeri fatti con la Cina”. Ma si aprono importanti opportunità anche sulla via per il nord America. “Con le unità da 20mila Teu la rotta Shanghai – New York diventa più conveniente perché aumentano le opportunità lungo il tragitto di sfruttare le economie di scala”. In un teatro in cui Cina e Russia si affacciano sul Mediterraneo attraverso le ZES egiziane, bisognerà puntare sulle Zone previste in Italia. “Possono essere un fattore per recuperare i traffici che Gioia Tauro ha perso a favore di Tangermed”.
Fabrizio Vettosi (Managing Director, VLS). Sebbene la componente alimentare via mare sia rilevante ma non importantissima l’analisi del settore suggerisce in che modo la Cina riesce “ad usare il nolo in chiave geopolitica”. Una capacità emersa in particolare nel settore della soia, con la subitanea capacità di Pechino, dopo l’aumento dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, di trovare nel Brasile un fornitore alternativo (“la nuova via della soia”). “In generale, per quanto concerne le commodity alimentari si è registrato a partire dal 2008 uno spostamento dell’asse logistico dalla direttrice Est-Ovest a quella Nord-Sud con un aumento della produzione che seguirà le dinamiche demografiche, un ruolo decisivo che potrebbe essere giocata dalla regione subsahariana e la necessità di adeguare l’infrastrutturazione italiana al servizio del settore in risposta all’aumento dimensionale delle navi”.
Vincenzo Romeo (CEO, Nova Marine Carriers). “In un quadro fortemente influenzato dalle decisione degli attori geopolitici l’armatore deve essere capace di muoversi velocemente tra le pieghe del mercato”. E’ la conseguenza di un business che cambia a ritmi velocissimi e che, inaspettatamente, dall’avvio della trade war può trarre opportunità di crescita. “I dazi sull’acciaio, con la frenata dell’export cinese e le contromisure prese anche in ambito europeo, si sono rivelate convenienti per le flotte di media dimensione che collegano l’Italia al Mar Nero e ai Paesi dell’Est. Risultato dell’effetto domino che può propagarsi in un’economia sempre più globale”.
Gian Enzo Duci (Presidente, Federagenti). “Forse adottare il neologismo slowbalization è eccessivo ma, a partire dal 2008, si sta assistendo ad una regionalizzazione dei flussi di traffico”. La globalizzazione rallenta, lo dicono i numeri. Con l’arresto della discesa del costo del trasporto aumenta la presenza dell’intervento pubblico nell’economia (“le misure protezionistiche sono state adottate a partire dalla presidenza Obama”), si arrestano gli investimenti esteri (Cina -73% rispetto al 2017), il reshoring (650 miliardi dollari negli USA) favorisce i fenomeni di reindustrializzazione. Un male per il trasporto marittimo? “Non è scontato. In questo cambio di modello economico le compagnie regionali asiatiche crescono a ritmi sostenuti. In generale, chi agisce localmente ha registrato ricavi superiori alle aziende multinazionali”.
Marco Conforti (Vicepresidente, Confetra). Nel confronto con la Cina l’Ue si sta dimostrando inadeguata a livello di iniziative. “Il rischio che si corre è quello di un ritorno al bilateralismo spinto: l’Italia sarà in grado gestire questo tipo di interlocuzione?”. Per farlo bisognerà alleggerirsi dell’eccessiva zavorra burocratica (“troppi cinque enti regolatori”) e “puntare sull’elenco delle opere strategiche indicate nel position paper adottato da Confetra”. Soprattutto, “va combattuta la tendenza a trasformare i contratti logistici in commodities”. “L’incubo è che tutte le procedure siano gestite da un algoritmo che decide in automatico cosa devono fare i diversi soggetti della filiera”.
Marina Marzani (Presidente, Anama). In un settore che con una quota del 2% raggiunge il 27% del fatturato totale la rilevanza delle interconnessioni è evidente. Il 50% del nostro export si concentra tra USA, Cina, Hong Kong e Singapore. “In vista della strategia di sviluppo aereo adottata in Cina – 216 nuovi aeroporti entro il 2035 – bisogna agire in fretta per intercettare i nuovi traffici”. Puntando principalmente sulle potenzialità di crescita dell’e-commerce. “Con la Brexit, aumenterà l’esigenza dei grandi player del settore di insediarsi in paesi aderenti all’Ue. Per cogliere questa opportunità dovremo semplificare i nostri processi burocratici”. Tra le richieste avanzate dalla categoria lo sdoganamento in volo, sulla falsariga del pre-clearing effettuato nel trasporto marittimo.