GENNAIO 2019 PAG. 28 - Il dialogo tra porti e città si sviluppa con RETE
È stata battezzata a Lisbona ma ha un cuore tutto italiano e casa a Venezia RETE, l’associazione che raggiunta la maggiore età (è stata fondata nel 2001) si è posta l’obiettivo di mettere in relazione porti e città. “Riuniamo una settantina di soci tra scali, città, municipi, università e singole figure professionali – spiega il presidente Rinio Bruttomesso – che condividono una convinzione precisa: la crescita delle complessità di gestione dei contesti portuali ed urbani necessitano di un confronto continuo tra i soggetti chiamati a fare scelte di pianificazione. L’importanza dell’economia marittima in un panorama sempre più globalizzato, l’attenzione crescente per la qualità della vita, le questioni ambientali, solo per limitarci agli esempi più ovvi, non possono più giustificare la separazione tra due realtà così interdipendenti. Va favorito un dialogo reale, facendo circolare linguaggi, pratiche, modelli di sviluppo”.
Quali sono le azioni messe in campo da RETE?
Le nostre attività si articolano su più livelli. Intanto quello della conoscenza del tema e della sua diffusione. È per questo che editiamo PORTUS, la prima rivista dedicata interamente alla relazione porto-città: uno spazio pensato per la presentazione e l’approfondimento dei casi ritenuti più interessanti, aperto non solo alle questioni strettamente tecniche ma anche al recupero degli aspetti culturali delle città di mare. Uno dei rischi maggiori della globalizzazione consiste proprio nell’appiattimento delle conoscenze e il nostro sforzo è quello di ragionare a tutto campo sia sugli aspetti della cultura materiale sia di quella immateriale. Da qui la scelta di aggiungere un’altra pubblicazione, PORTUS PLUS, per dare spazio alle ricerche accademiche caratterizzate da un approccio più interdisciplinare.
Le altre iniziative?
Abbiamo registrato un grande deficit a livello di formazione. Da qui l’organizzazione, soprattutto in America latina, di corsi specifici, guidati da esperti in portualità, che hanno ottenuto buoni riscontri come nel caso della Colombia. Un’iniziativa che purtroppo non siamo ancora riusciti ad applicare in Italia. Poi c’è il nostro sistema di “nodi avanzati” che vede in Napoli l’esempio di più completo. L’idea di base è quella di mettere assieme i diversi soggetti che operano all’interno di un territorio, valorizzando gli incroci di conoscenze e competenze. Sotto questo aspetto ritengo fondamentale la stipula recentissima di un accordo di collaborazione con il Dipartimento di sviluppo urbano dell’Università olandese di Delft, tra le più importanti a livello internazionale. L’obiettivo futuro è quello di partecipare sempre più a progetti di ricerca finanziati dall’Ue ed estendere ulteriormente le relazioni nel Mediterraneo e in America del Sud, luogo di grandi opportunità che, nonostante una nutrita presenza di origini italiane, stiamo colpevolmente trascurando.
I modelli di rapporto città-scalo più interessanti?
Il confronto con la Spagna credo possa essere illuminante. Lì le Autorità portuali, che trattengono la maggior parte delle risorse, sono state il motore economico stesso dei processi di riqualificazione dei waterfront. Pur non mancando una programmazione centralizzata ogni singolo ente è sempre più coinvolto nella trasformazione del territorio. A differenza di quanto avviene in Italia, dove esperienze progettuali pur interessanti come quella di Napoli non riescono a decollare.
Quali tendenze emergeranno nei prossimi anni?
In America latina si rafforza una tendenza all’aumento del controllo pubblico rispetto alle realtà portuali. Più in generale, con lo sviluppo di una connettività globale, vedo un progressivo rafforzamento delle strutture portuali con le città che invece arrancano, incapaci instaurare un rapporto paritario. Questo alla lunga potrebbe generare squilibri e difficoltà a far convivere le due realtà. Proprio per questo è necessario trovare gli strumenti necessari a livello di governance per favorire un dialogo che non sia di facciata. Sotto questo aspetto il Cile potrebbe essere un modello da seguire: li i consigli porto-città a livello territoriale sono riconosciuti per legge.
Giovanni Grande