OTTOBRE 2018 PAG.10 - Confitarma porta il mare all’attenzione dell’Italia
L’Assemblea della Confederazione Italiana Armatori del 31 ottobre è l’occasione per richiamare l’attenzione delle istituzioni sul settore marittimo che svolge un ruolo fondamentale per l’economia del Paese. A tale importante appuntamento, Confitarma si presenta solida e determinata nella difesa degli interessi della flotta che poi di fatto incidono anche sul PIL e l’occupazione del Paese.
Ricordo che le attività marittime italiane annualmente producono beni e servizi per un valore superiore al 2% del Pil complessivo e al 3,5% di quello derivante da attività private.
Il Ministro Toninelli presenzierà all’Assemblea Confitarma, ma ho già avuto modo di incontrarlo a settembre: un incontro positivo in cui il ministro ha mostrato grande attenzione alle nostre tematiche e ed ha compreso che lo shipping svolge un ruolo essenziale per lo sviluppo e l’economia – non solo del nostro Paese ma di tutto il mondo. L’altra faccia della medaglia è che il trasporto marittimo, a sua volta, è fortemente condizionato da eventi di portata globale siano essi economici, sociali, o geo- politici.
Per questo lo shipping opera secondo le norme elaborate in seno all’IMO la cui valenza è globale, senza le quali vi sarebbero pericolose distorsioni del mercato e soprattutto livelli di sicurezza e di salvaguardia dell’ambiente molto inferiori.
E’ infatti indubbio che grazie alle Convenzioni dell’IMO la nostra industria abbia ottenuto importantissimi miglioramenti e ormai nella maggior parte dei mercati mondiali è sempre più difficile che navi sub-standard possano navigare senza incorrere in detenzioni o sanzioni.
L’introduzione delle Convenzioni IMO ha avuto come conseguenza la progressiva trasformazione delle navi in mezzi di trasporto sempre più sicuri, eco-compatibili ed efficienti.
Le imprese armatoriali italiane, come tutto lo shipping mondiale, grazie ad una flotta giovane e tecnologicamente avanzata fronteggiano le criticità cogliendo anche le nuove opportunità che si presentano in un contesto in continua evoluzione.
Nonostante dieci anni di grave crisi economica che ha colpito tutto lo shipping, soprattutto le aziende che operano nei traffici alla rinfusa secchi e liquidi, la flotta mercantile italiana mantiene le sue posizioni nella graduatoria mondiale, con unità nuove e tecnologicamente avanzate a garanzia della sicurezza della navigazione e dell’ecosistema marino ricoprendo posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati come quelli dei traghetti, delle crociere e delle navi per il trasporto di prodotti chimici.
Il tavolo aperto da Confitarma con ABI per mitigare gli effetti negativi della crisi, anche in base all’esperienza vissuta in Europa, potrebbe essere affiancato da un tavolo permanente con gli investitori istituzionali per un confronto periodico che renda proattiva la cooperazione con l’armamento.
Tutto questo è stato possibile solo grazie al Registro Internazionale, istituito con la legge 30 del 1998 in linea con le indicazioni della Unione europea per evitare che i nostri armatori fossero costretti a iscrivere le loro navi sotto altre bandiere per poter fronteggiare l’agguerrita concorrenza estera.
In venti anni, il Registro internazionale ha dimostrato di essere uno strumento di grande successo e di aver raggiunto l’obiettivo primario che si proponeva e cioè promuovere la competitività e sviluppare la flotta di bandiera italiana. Dal 1998 a oggi, la flotta italiana e l’occupazione a bordo delle navi di bandiera è raddoppiata, siamo la terza flotta tra quelle dei paesi del G20.
La crescita della flotta peraltro è andata di pari passo con un aumento significativo degli occupati sia a terra che a bordo.
Nel 1998 erano circa 30.000 gli occupati diretti dell’industria dei trasporti marittimi. Oggi, sulle navi battenti bandiera italiana sono impiegati circa 67.000 marittimi di cui 38.000 italiani e/o comunitari e 29.000 extracomunitari. La maggior parte di questi ultimi sono imbarcati su navi che effettuano traffici internazionali ove la concorrenza con marine di altri Paesi è molto agguerrita e la permanenza in mare degli equipaggi è di lunga durata.
Inoltre in 10 anni gli armatori italiani hanno investito più di 30 miliardi di euro per la costruzione di unità di nuova tecnologia ed eco-compatibili.
Le misure per la salvaguardia dell’ambiente incidono sull’industria del trasporto marittimo, che deve rispondere a norme internazionali, comunitarie e nazionali sempre più numerose, severe e pressanti, causa di notevoli incertezze derivanti dalla stratificazione normativa.
Naturalmente le nuove normative ambientali vanno di pari passo con l’innovazione tecnologica e ed anche con la formazione di equipaggi sempre più qualificati.
Noi armatori italiani stiamo investendo molto nella formazione dei professionisti del futuro, offrendo posti di lavoro e percorsi di carriera promettenti a bordo, a terra e anche negli altri comparti del cluster marittimo, in linea con le esigenze dell’industria.
Tutti questi temi saranno al centro dell’Assemblea del 31 ottobre.
Mario Mattioli
Presidente Confitarma
L’ITALIA AL CENTRO DEL MEDITERRANEOIl Mediterraneo è “un mare che unisce”.
Sono 14 i mari contenuti al suo interno e 23 sono gli Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo di cui 7 membri dell’Unione europea. Ognuno di questi paesi ha le proprie caratteristiche politiche, economiche, religiose e culturali ma per ognuno di loro il mare ha rappresentato l’origine e il fulcro della loro evoluzione.
In questo contesto, l’Italia riveste un ruolo da protagonista, ma si avverte la necessità di adeguate politiche - soprattutto in merito alla logistica mare-terra - per evitare che il nostro Paese perda l’attuale competitività e trascuri le elevate potenzialità a cui può e deve aspirare.
Del resto, le sfide e le opportunità non si fermano alle frontiere europee, per questo la cooperazione con i paesi e le regioni vicine sono importanti.
Il Mediterraneo è forse l’area in cui è più che mai evidente quanto sia fondamentale lavorare insieme alla creazione di un sistema integrato di trasporto sicuro, efficiente, rispettoso dell’ambiente e promotore di un ulteriore sviluppo economico sostenibile.
Certamente i paesi del Mediterraneo hanno non solo un passato da condividere ma anche un futuro. E’ già stato fatto molto, attraverso il partenariato euromediterraneo e l’Unione europea sta portando avanti numerosi progetti nel settore dei trasporti con l’obiettivo di istituire un network di trasporto trans-Mediterraneo.
Peraltro, non bisogna dimenticare che accanto ai fattori di coesione vi sono ancora aspetti non risolti nelle relazioni tra l’Italia e i Paesi rivieraschi del Mediterraneo.
L’Italia stipula con i paesi della sponda sud, e non solo, specifici accordi bilaterali di navigazione, che sono a volte anche oggetto di annosi contenziosi, come nel caso di quelli in essere con la Tunisia, l’Algeria e l’Egitto. Purtroppo, non sempre l’armamento italiano è tutelato fino in fondo e non è raro che le nostre navi subiscano nei porti dei nostri vicini trattamenti differenziati, con escamotage giuridici che lasciano il tempo che trovano e che non consentono la piena attuazione degli accordi bilaterali.
Certamente, è importante il ruolo dell’Unione europea nella protezione ambientale del Mare Mediterraneo, nonché per la sicurezza della navigazione. Il sistema Mediterraneo è un sistema ricco, ad elevato potenziale di valore aggiunto che va seguito con grande attenzione, analizzato e monitorato in continuazione per seguirne evoluzione e nuove opportunità.
E dovremmo lavorare tutti insieme per valorizzare questo potenziale.
In Italia abbiamo tutto quello che ci serve: coste, porti, navi, operatori. E di certo non ci manca né la capacità imprenditoriale, che abbiamo ampiamente dimostrato almeno con l’industria privata del mare, né la capacità di organizzare la logistica del trasporto. Una cosa ci manca: la tempistica. Purtroppo, ancora oggi, gli operatori marittimi italiani – che adottano decisioni in pochi secondi - si troviamo difronte a tempi amministrativi e burocratici lunghissimi.
I ritardi accumulati dai grandi progetti infrastrutturali nonché il congelamento dei piani di sviluppo dei grandi porti rendono terribilmente complesso realizzare progetti che possano migliorare l’efficienza della nostra rete di interconnessione. Oggi le opportunità e le sfide sono globali e richiedono un approccio internazionale e interregionale.
Purtroppo, ancora oggi, tra il “dire e il fare c’è di mezzo il mare” – e in questo caso è il Mar Mediterraneo.
Ricordo che le attività marittime italiane annualmente producono beni e servizi per un valore superiore al 2% del Pil complessivo e al 3,5% di quello derivante da attività private.
Il Ministro Toninelli presenzierà all’Assemblea Confitarma, ma ho già avuto modo di incontrarlo a settembre: un incontro positivo in cui il ministro ha mostrato grande attenzione alle nostre tematiche e ed ha compreso che lo shipping svolge un ruolo essenziale per lo sviluppo e l’economia – non solo del nostro Paese ma di tutto il mondo. L’altra faccia della medaglia è che il trasporto marittimo, a sua volta, è fortemente condizionato da eventi di portata globale siano essi economici, sociali, o geo- politici.
Per questo lo shipping opera secondo le norme elaborate in seno all’IMO la cui valenza è globale, senza le quali vi sarebbero pericolose distorsioni del mercato e soprattutto livelli di sicurezza e di salvaguardia dell’ambiente molto inferiori.
E’ infatti indubbio che grazie alle Convenzioni dell’IMO la nostra industria abbia ottenuto importantissimi miglioramenti e ormai nella maggior parte dei mercati mondiali è sempre più difficile che navi sub-standard possano navigare senza incorrere in detenzioni o sanzioni.
L’introduzione delle Convenzioni IMO ha avuto come conseguenza la progressiva trasformazione delle navi in mezzi di trasporto sempre più sicuri, eco-compatibili ed efficienti.
Le imprese armatoriali italiane, come tutto lo shipping mondiale, grazie ad una flotta giovane e tecnologicamente avanzata fronteggiano le criticità cogliendo anche le nuove opportunità che si presentano in un contesto in continua evoluzione.
Nonostante dieci anni di grave crisi economica che ha colpito tutto lo shipping, soprattutto le aziende che operano nei traffici alla rinfusa secchi e liquidi, la flotta mercantile italiana mantiene le sue posizioni nella graduatoria mondiale, con unità nuove e tecnologicamente avanzate a garanzia della sicurezza della navigazione e dell’ecosistema marino ricoprendo posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati come quelli dei traghetti, delle crociere e delle navi per il trasporto di prodotti chimici.
Il tavolo aperto da Confitarma con ABI per mitigare gli effetti negativi della crisi, anche in base all’esperienza vissuta in Europa, potrebbe essere affiancato da un tavolo permanente con gli investitori istituzionali per un confronto periodico che renda proattiva la cooperazione con l’armamento.
Tutto questo è stato possibile solo grazie al Registro Internazionale, istituito con la legge 30 del 1998 in linea con le indicazioni della Unione europea per evitare che i nostri armatori fossero costretti a iscrivere le loro navi sotto altre bandiere per poter fronteggiare l’agguerrita concorrenza estera.
In venti anni, il Registro internazionale ha dimostrato di essere uno strumento di grande successo e di aver raggiunto l’obiettivo primario che si proponeva e cioè promuovere la competitività e sviluppare la flotta di bandiera italiana. Dal 1998 a oggi, la flotta italiana e l’occupazione a bordo delle navi di bandiera è raddoppiata, siamo la terza flotta tra quelle dei paesi del G20.
La crescita della flotta peraltro è andata di pari passo con un aumento significativo degli occupati sia a terra che a bordo.
Nel 1998 erano circa 30.000 gli occupati diretti dell’industria dei trasporti marittimi. Oggi, sulle navi battenti bandiera italiana sono impiegati circa 67.000 marittimi di cui 38.000 italiani e/o comunitari e 29.000 extracomunitari. La maggior parte di questi ultimi sono imbarcati su navi che effettuano traffici internazionali ove la concorrenza con marine di altri Paesi è molto agguerrita e la permanenza in mare degli equipaggi è di lunga durata.
Inoltre in 10 anni gli armatori italiani hanno investito più di 30 miliardi di euro per la costruzione di unità di nuova tecnologia ed eco-compatibili.
Le misure per la salvaguardia dell’ambiente incidono sull’industria del trasporto marittimo, che deve rispondere a norme internazionali, comunitarie e nazionali sempre più numerose, severe e pressanti, causa di notevoli incertezze derivanti dalla stratificazione normativa.
Naturalmente le nuove normative ambientali vanno di pari passo con l’innovazione tecnologica e ed anche con la formazione di equipaggi sempre più qualificati.
Noi armatori italiani stiamo investendo molto nella formazione dei professionisti del futuro, offrendo posti di lavoro e percorsi di carriera promettenti a bordo, a terra e anche negli altri comparti del cluster marittimo, in linea con le esigenze dell’industria.
Tutti questi temi saranno al centro dell’Assemblea del 31 ottobre.
Mario Mattioli
Presidente Confitarma
L’ITALIA AL CENTRO DEL MEDITERRANEOIl Mediterraneo è “un mare che unisce”.
Sono 14 i mari contenuti al suo interno e 23 sono gli Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo di cui 7 membri dell’Unione europea. Ognuno di questi paesi ha le proprie caratteristiche politiche, economiche, religiose e culturali ma per ognuno di loro il mare ha rappresentato l’origine e il fulcro della loro evoluzione.
In questo contesto, l’Italia riveste un ruolo da protagonista, ma si avverte la necessità di adeguate politiche - soprattutto in merito alla logistica mare-terra - per evitare che il nostro Paese perda l’attuale competitività e trascuri le elevate potenzialità a cui può e deve aspirare.
Del resto, le sfide e le opportunità non si fermano alle frontiere europee, per questo la cooperazione con i paesi e le regioni vicine sono importanti.
Il Mediterraneo è forse l’area in cui è più che mai evidente quanto sia fondamentale lavorare insieme alla creazione di un sistema integrato di trasporto sicuro, efficiente, rispettoso dell’ambiente e promotore di un ulteriore sviluppo economico sostenibile.
Certamente i paesi del Mediterraneo hanno non solo un passato da condividere ma anche un futuro. E’ già stato fatto molto, attraverso il partenariato euromediterraneo e l’Unione europea sta portando avanti numerosi progetti nel settore dei trasporti con l’obiettivo di istituire un network di trasporto trans-Mediterraneo.
Peraltro, non bisogna dimenticare che accanto ai fattori di coesione vi sono ancora aspetti non risolti nelle relazioni tra l’Italia e i Paesi rivieraschi del Mediterraneo.
L’Italia stipula con i paesi della sponda sud, e non solo, specifici accordi bilaterali di navigazione, che sono a volte anche oggetto di annosi contenziosi, come nel caso di quelli in essere con la Tunisia, l’Algeria e l’Egitto. Purtroppo, non sempre l’armamento italiano è tutelato fino in fondo e non è raro che le nostre navi subiscano nei porti dei nostri vicini trattamenti differenziati, con escamotage giuridici che lasciano il tempo che trovano e che non consentono la piena attuazione degli accordi bilaterali.
Certamente, è importante il ruolo dell’Unione europea nella protezione ambientale del Mare Mediterraneo, nonché per la sicurezza della navigazione. Il sistema Mediterraneo è un sistema ricco, ad elevato potenziale di valore aggiunto che va seguito con grande attenzione, analizzato e monitorato in continuazione per seguirne evoluzione e nuove opportunità.
E dovremmo lavorare tutti insieme per valorizzare questo potenziale.
In Italia abbiamo tutto quello che ci serve: coste, porti, navi, operatori. E di certo non ci manca né la capacità imprenditoriale, che abbiamo ampiamente dimostrato almeno con l’industria privata del mare, né la capacità di organizzare la logistica del trasporto. Una cosa ci manca: la tempistica. Purtroppo, ancora oggi, gli operatori marittimi italiani – che adottano decisioni in pochi secondi - si troviamo difronte a tempi amministrativi e burocratici lunghissimi.
I ritardi accumulati dai grandi progetti infrastrutturali nonché il congelamento dei piani di sviluppo dei grandi porti rendono terribilmente complesso realizzare progetti che possano migliorare l’efficienza della nostra rete di interconnessione. Oggi le opportunità e le sfide sono globali e richiedono un approccio internazionale e interregionale.
Purtroppo, ancora oggi, tra il “dire e il fare c’è di mezzo il mare” – e in questo caso è il Mar Mediterraneo.