SETTEMBRE2018 PAG. 16 - Formazione e dialogo sociale pilastri dei Diritti Sociali
I valori di base dell’UE hanno negli anni dotato il nostro continente di norme del lavoro e sociali elevate e di sistemi di protezione sociale avanzati, rispetto alle quali la globalizzazione ha imposto una seria esigenza di un loro rafforzamento, funzionale a garantire da un lato il processo di integrazione europea, dall’altro la difesa del progetto stesso di Europa. Proprio questa esigenza ha consentito l’adozione nello scorso mese di novembre da parte del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione Europea del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (PEDS).
Per espressa dichiarazione contenuta nel preambolo al documento, il pilastro europeo dei diritti sociali esprime principi e diritti fondamentali per assicurare l’equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale nell’Europa del 21º secolo. Sempre nelle premesse si prende atto che alcuni dei diritti sono già presenti nell’acquis dell’Unione, ma si aggiungono nuovi principi per affrontare le sfide derivanti dai cambiamenti sociali, tecnologici ed economici, sottolineando però, che affinché i principi e i diritti siano giuridicamente vincolanti, è prima necessario adottare misure specifiche o atti normativi al livello appropriato. Purtroppo, anche su temi rispetto ai quali sembrerebbe naturale attendersi un’uniformità di vedute degli Stati Membri, appare evidente come il documento finale tenda, comunque, a non pregiudicare l’autonomia di ogni singolo Stato. Al riguardo, appaiono indicative le richiamate premesse al documento, laddove si afferma sia che la sua implementazione necessita l’adozione di misure dedicate (legislative e non) che devono tener conto delle differenze culturali, socio-economiche, nonché la prevista esigenza di rispettare la sovranità nazionale nell’ambito delle politiche sociali.
A distanza di circa un anno dalla sua approvazione alcuni provvedimenti all’esame degli Organismi dell’Unione (ad esempio il cosiddetto “Pacchetto mobilità ”) costituiscono un test per verificare la concretezza al progetto, la cui pratica applicazione necessita anche lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate.
Il Pilastro, infatti, rappresenta le “gambe” di progetti che per essere resi concreti necessitano, però, di essere declinati attraverso iniziative che trovino nei principi contenuti nel Pilastro stesso il loro sostegno. Da questo punto di vista volevo utilizzare l’occasione offertami da questa rivista per segnalare alcune azioni che la categoria degli ormeggiatori sta promuovendo, sia a livello nazionale che europeo, che credo possano essere considerate come un valido esempio anche per altre categorie, avendo peraltro per molti versi anticipato il contenuto del documento approvato a Goteborg.
Nel capitolo sulle pari opportunità e sull’accesso al mercato del lavoro molto spazio è riservato al diritto alla formazione continua, alle condizioni di lavoro eque, riferite, fra l’altro, alla tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, e alla protezione e inclusione sociali, riguardante anche il diritto all’assistenza sanitaria.
Con specifico riferimento alla formazione nel documento approvato si legge che “Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro.”
Ci troviamo, quindi, in presenza dell’individuazione di un diritto sociale, quello alla formazione continua, che deve ora essere reso esigibile. Sul punto, vale la pena ricordare che il diritto alla formazione continua è già contenuto in alcuni provvedimenti normativi dell’Unione e, con particolare riguardo al settore portuale, nell’articolo 14 del Regolamento 352/2017. Nel Regolamento in parola il legislatore europeo ha sottolineato come in un settore complesso e competitivo come quello dei servizi portuali, la formazione iniziale e periodica del personale è essenziale per garantire la qualità dei servizi e tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori portuali.
In tale contesto, quindi, gli Stati membri devono provvedere affinché i prestatori di servizi portuali offrano una formazione adeguata e continua ai propri dipendenti ed in tal senso la categoria degli ormeggiatori dei porti italiani si è già orientata, prevedendo per effetto di norme pattizie un percorso di formazione continua che accompagni i lavoratori per l’intera loro vita professionale. Quel percorso formativo, oggi previsto per norme pattizie, diventerà presto obbligatorio, costituendo il mancato aggiornamento professionale giusta causa di cancellazione dal Registro degli ormeggiatori.
Il contenuto del programma è rispondente sia alle esigenze della categoria che a quelle dei porti, i quali potranno indubbiamente giovarsi di personale sempre più qualificato e professionalizzato. La formazione si fonda su un programma di base, destinato a garantire a tutti gli ormeggiatori le necessarie conoscenze per svolgere in modo adeguato la loro attività , soggetto ad essere aggiornato ed integrato coerentemente alle esigenze formative che di volta emergono o emergeranno.
Una menzione merita anche lo spazio che il PEDS dedica al dialogo sociale, prevedendo che le parti sociali siano consultate per l’elaborazione e l’attuazione delle politiche economiche, occupazionali e sociali nel rispetto delle prassi nazionali. In particolare, le medesime parti sono incoraggiate a negoziare e concludere accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel rispetto della propria autonomia e del diritto all’azione collettiva, prevedendo che, ove del caso, gli accordi conclusi tra le parti sociali siano attuati a livello dell’Unione e dei suoi Stati membri. Anche in questo caso come categoria, attraverso la nostra rappresentanza europea, ci stiamo attivando per estendere il dialogo sociale dei porti alle questioni attinenti al servizio di ormeggio.
In modo particolare, il nostro interesse è rivolto alla necessità di trasfondere nel diritto dell’Unione le disposizioni in materia di standard minimi di formazione che per gli ormeggiatori sono stati definiti in ambito IMO nell’aprile del 2016. L’obiettivo che si intende perseguire, attraverso uno strumento che oggi è chiaramente valorizzato dal PEDS, è quello di assicurare livelli minimi di formazione comuni a tutti gli ormeggiatori, per evitare che un servizio, il cui legame con la sicurezza è ora definitivamente stato sancito a livello internazionale ed europeo, possa essere utilizzato come leva per aumentare la competitività di un porto a discapito della sicurezza.
In definitiva, credo vada positivamente registrato il fatto che, dopo diversi decenni in cui la politica dell’Unione si è pressoché esclusivamente concentrata sulla liberalizzazione dei mercati, sulla loro integrazione e sul libero scambio di beni, servizi e capitali, l’approvazione del Pilastro Europeo sui Diritti Sociali rappresenta un ritorno ai temi sociali e mi auguro possa essere utile a contribuire ad un processo di riavvicinamento dell’Unione ai cittadini, processo funzionale a dare nuovo slancio al progetto europeo.
Cesare Guidi
Presidente ANGOPI