AGOSTO 2018 PAG 36 - Finco su Appalti Pubblici: percorso con molte imboscate
“Questo importante settore dell’economia avrebbe necessità di un po’ di tranquillità per andare avanti, non di essere costantemente modificato” - afferma la Presidente della Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni, Carla Tomasi in un’articolata dichiarazione rilasciata nei giorni scorsi.
“La motivazione - ma in qualche caso diremmo meglio il pretesto - è sempre lo stesso: snellire le procedure ed avvicinarsi all’Europa; intenti entrambi lodevoli, bisogna vedere come vengono attuati. Secondo alcuni operatori, meno regole e controlli ci sono, meglio è: ma negli ultimi anni questa posizione non è più così condivisa.
Gli operatori istituzionali ed economici – lo hanno ad esempio dimostrato i documenti di consultazione diramati dall’Autorità di Vigilanza sui LLPP ed anche da Anac, di cui si vuole richiamare la recente del tutto condivisibile Audizione in Parlamento – non vanno in questa direzione.
Nel mondo industriale, in particolare, la diversità di opinione non è fra grandi e piccole imprese, ma fra imprese OG (opere generali) e imprese OS (opere specialistiche).
Quest’ultime richiedono più regole, anche di indirizzo (soft-low), e più controlli, perché solo così sono tutelate contro le approssimazioni e la delinquenza organizzata che spesso e volentieri si infiltra negli appalti, senza contare l’interesse generale alla qualità dell’opera.
Altri vorrebbero invece tornare ai poteri che garantiva loro, di fatto, la Legge Obiettivo.
Questa diversità di posizione è per certi versi insanabile: ogni volta che arriva un nuovo Ministro delle Infrastrutture viene invariabilmente “abbordato” dai grandi centri di interesse dei LLPP per cercare di orientarne le strategie verso una deregulation del settore in nome dell’efficienza e della libertà di impresa.
La voce delle imprese specialistiche viene spesso ascoltata in seconda istanza, come se rappresentasse una realtà di nicchia non meritevole di incidere sugli orientamenti legislativi.
Al contrario il parere delle imprese specialistiche, da sempre critico verso la Legge Obiettivo, si è rivelato lungimirante. Gli innumerevoli danni provocati al sistema dalla legge Obiettivo hanno peraltro, alla fine, provocato anche la disfatta dei vecchi potentati delle OOPP onde è prevalso il punto di vista delle opere specialistiche anziché quello delle opere generali” - continua Carla Tomasi.
Ciò è avvenuto anche perché, ai disastri passati, si aggiunge una nuova visione dei LLPP, non già più volta prevalentemente alle grandi opere, ma alla riqualificazione del territorio con interventi di manutenzione e di difesa dello stesso e delle popolazioni ivi residenti dai grandi rischi naturali (rischi sismici e idrogeologici) e provocati dall’uomo (danni all’ambiente da inquinamento dell’aria, del suolo, dell’acqua).
Questo il punto cui è pervenuto il cammino della regolamentazione dei LLPP: rispetto alle politiche indiscriminate di grandi lavori che spesso non servono (“con ciò per carità finiamo quanto abbiamo già iniziato tipo TAP e TAV”) e che altrettanto spesso, in passato, hanno lasciato opere incompiute. Occorre, invece, rendere sempre più smart il territorio nelle sue quattro fondamentali declinazioni: le strade, i fabbricati, le città , la campagna.
“Noi siamo certi che questo Governo non voglia effettuare un cammino verso politiche di forte ritorno alle grandi opere, alla liberalizzazione selvaggia del subappalto.”
A quest’ultimo riguardo, il Vice Presidente del Consiglio Di Maio il 4 luglio scorso, al cospetto delle Commissioni di Lavoro e Industria di Camera e Senato riunite, ha affermato che occorre, anzi, evitare che le PMI negli appalti pubblici finiscano per svolgere solo lavori in subappalto.
A ciò non si perviene certo eliminando l’attuale limite del 30% ed altri presidi, come richiesto dalle imprese generali, richiesta che il Ministro Del Rio stava improvvidamente approvando se non fosse stato per il Legislatore e per alcune rappresentanze industriali, Finco in particolare. L’orientamento del Ministro Toninelli a questo riguardo è sempre stato espresso con chiarezza contro i grandi lavori il cui rapporto costi/benefici non sia adeguato, ed a favore, invece, delle PMI e dei lavori di manutenzione e miglioramento del territorio in tutte le sue componenti.
“Mi sia consentito quindi di compiacermi fortemente della dichiarazione di critica del Ministro Toninelli in merito alla Legge 443/2001, cosiddetta “Legge Obiettivo”, che ha nel tempo posto le attività specialistiche e super specialistiche nel subappalto, fattispecie operativa più consona a lavori generici e di minore professionalità e che ha determinato una progressiva dequalificazione delle opere. Deve poi essere intrapreso un cammino di qualificazione e di riduzione dell’eccessivo numero delle stazioni appaltanti avendo cura - sottolinea la Presidente - di evitare il rischio di incrementare il taglio medio delle gare cui solo grandi imprese avrebbero i requisiti per partecipare.
Possono così essere poste le basi per una reale attenzione alla manutenzione, attraverso gli accennati lavori sostenibili nel territorio. In questo senso – nota con l’occasione la Tomasi - le imprese specialistiche, oltre a rappresentare una eccellenza a livello nazionale, investono capitali per la formazione del personale e l’acquisto di attrezzature e non possono, quindi, ulteriormente sopportare ritardi nei pagamenti né rivestire ruoli marginali nella realizzazione dell’appalto né, tantomeno, subire un uso distorto dell’Accordo Quadro volto ad assemblare i lavori ad excludendum”.
Finco intende sollecitare il Governo, ed in particolare il MIT a tenere nel massimo conto i reali requisiti qualitativi ed organizzativi delle imprese, in particolare la qualificazione della rilevante gamma di specializzazione, che costituisce il nucleo centrale delle eccellenze tecnologiche ed innovative del lavori pubblici del nostro Paese – dal restauro alle fondazioni, dall’archeologia alle opere prefabbricate, dalle dotazioni per la sicurezza stradale agli impianti tecnologici, dalle facciate continue, ai prodotti industriali per l’efficienza energetica e sismica, dalla costruzione del verde alle bonifiche belliche ecc.
Sarebbe infatti paradossale confondere la condivisibile necessità di semplificazione burocratica con la destrutturazione delle norme applicate alla qualificazione imprenditoriale che, al contrario, vive di progressiva specializzazione in linea con l’innovazione tecnologica di prodotto e di processo e la sempre maggiore qualificazione professionale.
“Non va infatti dimenticato - ribadisce Tomasi - che la difesa della specializzazione nei lavori pubblici costituisce uno dei punti più qualificanti, non solo sotto il profilo della garanzia di adeguatezza tecnica, ma anche sul piano del contrasto alla penetrazione del malaffare, appurato che la presenza di imprese specialistiche che assicurano mezzi e manodopera specializzata è oggettivamente di freno a tali fenomeni. Anche sotto questo profilo è necessario limitare l’uso del subappalto per le lavorazioni caratterizzate da notevole contenuto tecnologico o rilevante complessità tecnica dove non solo è necessaria la qualificazione ma è altresì opportuno prevedere sempre una responsabilità imprenditoriale diretta sinora demandata pressoché stabilmente alla categoria generale prevalente”.
“Non vorremmo, tuttavia - continua Carla Tomasi - che la battaglia per il reperimento delle risorse per attuare il contratto di Governo si giocasse prevalentemente sul Tavolo del MIT, che ha un piano di spesa in grandi opere per 150 miliardi in 15 anni, dei quali 118 miliardi già da subito mobilizzabili. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze nell’ultima audizione presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato l’ha ipotizzato: se dovesse prevalere questa linea - quand’anche per dare un impulso alla ripresa economica - potrebbe saltare il Codice degli Appalti così come attualmente strutturato a vantaggio di una grande deregulation per realizzare in tempi brevi una politica di grandi opere che mobilitino le risorse già a ciò destinate presso il MIT.
Ma se permane la linea indicata, quella della manutenzione del territorio in tutti i suoi aspetti, non occorre una deregulation massiccia del Codice degli Appalti; saranno sufficienti alcuni accorgimenti di funzionamento da approfondirsi con le categorie maggiormente interessate alla tematica - in primis le lavorazioni specialistiche e super specialistiche prevalentemente effettuate dalle piccole imprese - in base all’esperienza maturata in quest’ultimi anni, volti ad alleggerire requisiti e controlli all’ingresso delle procedure di gara a vantaggio di effettivi controlli di materialità durante l’esecuzione sui risultati attesi dal progetto.
Forse sarebbe opportuno, per il necessario forte impulso alla ripresa di cui sopra, riflettere su un’ipotesi di veicolo societario contenente immobili pubblici partecipato pro quota da tutti gli italiani, da mettere sul mercato onde procedere ad un’alienazione - o comunque una messa a reddito - del patrimonio immobiliare, centrale e periferico, della P.A. E farlo subito, senza temere supposte “svendite”, dal momento che tali proprietà in molti casi rappresentano un costo, oltre che una testimonianza di cattiva gestione” conclude la Presidente Finco.
“La motivazione - ma in qualche caso diremmo meglio il pretesto - è sempre lo stesso: snellire le procedure ed avvicinarsi all’Europa; intenti entrambi lodevoli, bisogna vedere come vengono attuati. Secondo alcuni operatori, meno regole e controlli ci sono, meglio è: ma negli ultimi anni questa posizione non è più così condivisa.
Gli operatori istituzionali ed economici – lo hanno ad esempio dimostrato i documenti di consultazione diramati dall’Autorità di Vigilanza sui LLPP ed anche da Anac, di cui si vuole richiamare la recente del tutto condivisibile Audizione in Parlamento – non vanno in questa direzione.
Nel mondo industriale, in particolare, la diversità di opinione non è fra grandi e piccole imprese, ma fra imprese OG (opere generali) e imprese OS (opere specialistiche).
Quest’ultime richiedono più regole, anche di indirizzo (soft-low), e più controlli, perché solo così sono tutelate contro le approssimazioni e la delinquenza organizzata che spesso e volentieri si infiltra negli appalti, senza contare l’interesse generale alla qualità dell’opera.
Altri vorrebbero invece tornare ai poteri che garantiva loro, di fatto, la Legge Obiettivo.
Questa diversità di posizione è per certi versi insanabile: ogni volta che arriva un nuovo Ministro delle Infrastrutture viene invariabilmente “abbordato” dai grandi centri di interesse dei LLPP per cercare di orientarne le strategie verso una deregulation del settore in nome dell’efficienza e della libertà di impresa.
La voce delle imprese specialistiche viene spesso ascoltata in seconda istanza, come se rappresentasse una realtà di nicchia non meritevole di incidere sugli orientamenti legislativi.
Al contrario il parere delle imprese specialistiche, da sempre critico verso la Legge Obiettivo, si è rivelato lungimirante. Gli innumerevoli danni provocati al sistema dalla legge Obiettivo hanno peraltro, alla fine, provocato anche la disfatta dei vecchi potentati delle OOPP onde è prevalso il punto di vista delle opere specialistiche anziché quello delle opere generali” - continua Carla Tomasi.
Ciò è avvenuto anche perché, ai disastri passati, si aggiunge una nuova visione dei LLPP, non già più volta prevalentemente alle grandi opere, ma alla riqualificazione del territorio con interventi di manutenzione e di difesa dello stesso e delle popolazioni ivi residenti dai grandi rischi naturali (rischi sismici e idrogeologici) e provocati dall’uomo (danni all’ambiente da inquinamento dell’aria, del suolo, dell’acqua).
Questo il punto cui è pervenuto il cammino della regolamentazione dei LLPP: rispetto alle politiche indiscriminate di grandi lavori che spesso non servono (“con ciò per carità finiamo quanto abbiamo già iniziato tipo TAP e TAV”) e che altrettanto spesso, in passato, hanno lasciato opere incompiute. Occorre, invece, rendere sempre più smart il territorio nelle sue quattro fondamentali declinazioni: le strade, i fabbricati, le città , la campagna.
“Noi siamo certi che questo Governo non voglia effettuare un cammino verso politiche di forte ritorno alle grandi opere, alla liberalizzazione selvaggia del subappalto.”
A quest’ultimo riguardo, il Vice Presidente del Consiglio Di Maio il 4 luglio scorso, al cospetto delle Commissioni di Lavoro e Industria di Camera e Senato riunite, ha affermato che occorre, anzi, evitare che le PMI negli appalti pubblici finiscano per svolgere solo lavori in subappalto.
A ciò non si perviene certo eliminando l’attuale limite del 30% ed altri presidi, come richiesto dalle imprese generali, richiesta che il Ministro Del Rio stava improvvidamente approvando se non fosse stato per il Legislatore e per alcune rappresentanze industriali, Finco in particolare. L’orientamento del Ministro Toninelli a questo riguardo è sempre stato espresso con chiarezza contro i grandi lavori il cui rapporto costi/benefici non sia adeguato, ed a favore, invece, delle PMI e dei lavori di manutenzione e miglioramento del territorio in tutte le sue componenti.
“Mi sia consentito quindi di compiacermi fortemente della dichiarazione di critica del Ministro Toninelli in merito alla Legge 443/2001, cosiddetta “Legge Obiettivo”, che ha nel tempo posto le attività specialistiche e super specialistiche nel subappalto, fattispecie operativa più consona a lavori generici e di minore professionalità e che ha determinato una progressiva dequalificazione delle opere. Deve poi essere intrapreso un cammino di qualificazione e di riduzione dell’eccessivo numero delle stazioni appaltanti avendo cura - sottolinea la Presidente - di evitare il rischio di incrementare il taglio medio delle gare cui solo grandi imprese avrebbero i requisiti per partecipare.
Possono così essere poste le basi per una reale attenzione alla manutenzione, attraverso gli accennati lavori sostenibili nel territorio. In questo senso – nota con l’occasione la Tomasi - le imprese specialistiche, oltre a rappresentare una eccellenza a livello nazionale, investono capitali per la formazione del personale e l’acquisto di attrezzature e non possono, quindi, ulteriormente sopportare ritardi nei pagamenti né rivestire ruoli marginali nella realizzazione dell’appalto né, tantomeno, subire un uso distorto dell’Accordo Quadro volto ad assemblare i lavori ad excludendum”.
Finco intende sollecitare il Governo, ed in particolare il MIT a tenere nel massimo conto i reali requisiti qualitativi ed organizzativi delle imprese, in particolare la qualificazione della rilevante gamma di specializzazione, che costituisce il nucleo centrale delle eccellenze tecnologiche ed innovative del lavori pubblici del nostro Paese – dal restauro alle fondazioni, dall’archeologia alle opere prefabbricate, dalle dotazioni per la sicurezza stradale agli impianti tecnologici, dalle facciate continue, ai prodotti industriali per l’efficienza energetica e sismica, dalla costruzione del verde alle bonifiche belliche ecc.
Sarebbe infatti paradossale confondere la condivisibile necessità di semplificazione burocratica con la destrutturazione delle norme applicate alla qualificazione imprenditoriale che, al contrario, vive di progressiva specializzazione in linea con l’innovazione tecnologica di prodotto e di processo e la sempre maggiore qualificazione professionale.
“Non va infatti dimenticato - ribadisce Tomasi - che la difesa della specializzazione nei lavori pubblici costituisce uno dei punti più qualificanti, non solo sotto il profilo della garanzia di adeguatezza tecnica, ma anche sul piano del contrasto alla penetrazione del malaffare, appurato che la presenza di imprese specialistiche che assicurano mezzi e manodopera specializzata è oggettivamente di freno a tali fenomeni. Anche sotto questo profilo è necessario limitare l’uso del subappalto per le lavorazioni caratterizzate da notevole contenuto tecnologico o rilevante complessità tecnica dove non solo è necessaria la qualificazione ma è altresì opportuno prevedere sempre una responsabilità imprenditoriale diretta sinora demandata pressoché stabilmente alla categoria generale prevalente”.
“Non vorremmo, tuttavia - continua Carla Tomasi - che la battaglia per il reperimento delle risorse per attuare il contratto di Governo si giocasse prevalentemente sul Tavolo del MIT, che ha un piano di spesa in grandi opere per 150 miliardi in 15 anni, dei quali 118 miliardi già da subito mobilizzabili. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze nell’ultima audizione presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato l’ha ipotizzato: se dovesse prevalere questa linea - quand’anche per dare un impulso alla ripresa economica - potrebbe saltare il Codice degli Appalti così come attualmente strutturato a vantaggio di una grande deregulation per realizzare in tempi brevi una politica di grandi opere che mobilitino le risorse già a ciò destinate presso il MIT.
Ma se permane la linea indicata, quella della manutenzione del territorio in tutti i suoi aspetti, non occorre una deregulation massiccia del Codice degli Appalti; saranno sufficienti alcuni accorgimenti di funzionamento da approfondirsi con le categorie maggiormente interessate alla tematica - in primis le lavorazioni specialistiche e super specialistiche prevalentemente effettuate dalle piccole imprese - in base all’esperienza maturata in quest’ultimi anni, volti ad alleggerire requisiti e controlli all’ingresso delle procedure di gara a vantaggio di effettivi controlli di materialità durante l’esecuzione sui risultati attesi dal progetto.
Forse sarebbe opportuno, per il necessario forte impulso alla ripresa di cui sopra, riflettere su un’ipotesi di veicolo societario contenente immobili pubblici partecipato pro quota da tutti gli italiani, da mettere sul mercato onde procedere ad un’alienazione - o comunque una messa a reddito - del patrimonio immobiliare, centrale e periferico, della P.A. E farlo subito, senza temere supposte “svendite”, dal momento che tali proprietà in molti casi rappresentano un costo, oltre che una testimonianza di cattiva gestione” conclude la Presidente Finco.
Cosimo Brudetti