GIUGNO 2018 PAG. 54 - Italia, deficit nella bilancia dei trasporti mercantili
Persiste il disavanzo sistematico dovuto alle basse quote di mercato dei vettori italiani nel trasporto internazionale di beni. Anche nel 2017 l’Italia ha registrato un deficit nella bilancia dei pagamenti dei trasporti mercantili che sfiora i 6 miliardi, in aumento rispetto all’anno precedente. A certificarlo l’ultima “Indagine sui trasporti internazionali di merci” realizzata dalla Banca d’Italia che registra anche una tendenza alla decrescita “ad valorem” dei costi di trasporto, pari, rispettivamente al 3,1 e al 4,1 per cento del valore dei beni esportati e importati. “I costi dei trasporti terrestri (strada e ferrovia) nel 2017 sono in media diminuiti rispetto all’anno precedente, anche se con un’elevata eterogeneità a seconda del paese di origine o di provenienza delle merci,” rileva l’indagine. “Nel settore marittimo si è registrata invece una significativa ripresa dei noli, determinata da un aumento dei costi operativi (prezzo del carburante) e da una maggiore domanda di trasporto che ha temperato una situazione di mercato precedentemente caratterizzata da un eccesso di offerta di stiva; l’incremento ha riguardato in particolare il settore container, dopo il forte calo nel 2016, e il comparto bulk (liquidi e solidi), mentre nel general cargo le tariffe hanno segnato una maggiore stabilità ”. Anche nel trasporto aereo si è avuto un incremento dei costi all’esportazione di merci.
Condotta fin dal 1999 l’indagine campionaria della Banca d’Italia ha coinvolto circa 162 imprese di trasporto operanti in Italia con lo scopo di stimare i costi unitari di trasporto in import ed export per modalità di carico della merce e le quote di mercato distinte per nazionalità , compresi i dati sui costi del trasporto gas via condotte (in prevalenza importazioni).
Nel complesso il trasporto marittimo risulta primo per volumi – 53%, contro il 26% della strada e il 12% della ferrovia – ma dal punto di vista del valore scende al 30% rispetto al 45% della strada e al 15% della ferrovia. Significativa l’incidenza dell’aereo solo sul valore dell’interscambio (9%) mentre per le condotte il risultato è invertito (2% sui valori e 9% sulle quantità ).
Noli navali
Per il settore container i costi navali, comprensivi dei servizi ausiliari, sono ritornati in termini reali ai livelli immediatamente precedenti la crisi del 2008-09, soprattutto per l’export, dopo il biennio di marcata flessione 2015-16. “Nel 2017, in presenza di volumi movimentati in crescita, i costi in euro a tonnellata sono aumentati di oltre il 10 per cento, recuperando il calo dell’anno precedente. Le tariffe rilevate nell’indagine − in dollari per container (TEU, twenty-foot equivalent unit) e al netto dei servizi ausiliari – hanno registrato incrementi molto più pronunciati, in media di oltre il 40 per cento”. Insieme all’aumento dei prezzi del carburante, la ripresa della domanda di trasporto ha contribuito alla crescita dei noli risollevando in parte le sorti del settore.
La politica di dismissione accelerata del naviglio ha permesso invece il riequilibrio tra domanda e offerta nel settore bulk carrier, dove i carichi solidi confermano la ripresa degli ultimi tre anni e quelli liquidi, dopo il calo del 2016, mostrano una tendenza al rialzo. “Pur in presenza di una riduzione dei volumi di scambi di materie prime solide, i noli denominati in dollari (esclusi i servizi ausiliari) sono notevolmente cresciuti, di circa il 30 per cento (intorno al 15 per cento in euro, inclusi i servizi ausiliari)”. Una tendenza che insieme all’aumento dei costi del carburante ha spinto gli armatori a ridurre la velocità di servizio delle navi. Scelta che “ha determinato una diminuzione dell’offerta di stiva disponibile, a cui ha ulteriormente contribuito una politica di demolizione del naviglio più obsoleto”. “Anche nel settore delle materie prime liquide, in questo caso caratterizzato da volumi movimentati in crescita, si è registrato un significativo aumento dei noli, in particolare nel comparto dei prodotti chimici. Oltre alla ripresa della domanda di trasporto – continua il report – ha inciso la contenuta crescita della flotta mondiale dovuta a una minore immissione rispetto al passato di nuove navi sul mercato”.
Stabile la situazione del general cargo, riferito alla movimentazione di impianti, macchinari e mezzi di trasporto. Sia in export sia in import i costi “si collocano su livelli storicamente bassi, soprattutto se considerati in termini reali”. “In particolare nelle due tipologie dei ‘prodotti chimici, materiali da costruzione, prodotti forestali’ e dei ‘tubi e materiali metallici’, mentre nella categoria più rilevante, quella relativa a impianti, macchinari e mezzi di trasporto, le tariffe hanno registrato un andamento stabile (all’esportazione) o in calo (all’importazione) rispetto all’anno precedente”.
Per quanto riguarda il Ro-Ro i costi sono in media aumentati di circa il 2 per cento, a fronte di una moderata crescita dei volumi complessivamente movimentati (4,9 milioni di tonnellate). “La dinamica è stata piuttosto eterogenea a livello geografico: in aumento nelle tratte con la Turchia, in calo nelle rotte verso i paesi balcanici e (in misura più contenuta) la Grecia, sostanzialmente stabili nei confronti delle altre zone interessate da questa tipologia di trasporto”.
Noli ferroviari
I costi medi del trasporto ferroviario container sono diminuiti rispetto al 2016 (-2,4% per le importazioni e -2,9% per le esportazioni). La riduzione ha riguardato la maggior parte delle aree geografiche, inclusi i principali partner commerciali (Germania e Francia) ed è stata particolarmente accentuata per gli scambi con i paesi ex-URSS e baltici (oltre il 14% in export e import). “I costi medi ferroviari restano ancora lontani dai livelli osservati all’inizio dello scorso decennio, risentendo del forte calo registrato tra il 2008 e il 2012, a cui ha fatto seguito una breve ripresa interrottasi nell’ultimo biennio. Il settore continua a caratterizzarsi per una crescente contendibilità , con la quota di mercato dell’ex monopolista in costante diminuzione a fronte di una domanda di trasporto frenata sia dalla competizione modale con la strada sia da carenze infrastrutturali sul versante dell’interoperabilità tra la ferrovia e le altre modalità ”.
Noli stradali
In un contesto di moderata crescita dei volumi, si è registrata una lieve riduzione dei costi medi, “conseguenza di una divaricazione tra l’andamento di quelli relativi ai carichi completi, in calo, e di quelli riguardanti i carichi parziali (groupage), in aumento”. “I trasporti a carico completo hanno registrato costi (al netto dei servizi ausiliari) in diminuzione in molte aree geografiche di destinazione o di origine delle merci, inclusa la Germania, il principale partner commerciale dell’Italia; nel complesso il calo è stato più accentuato dal lato delle importazioni (-1,5 per cento in media, contro -0,4 per le esportazioni), mitigato però da un andamento mediamente crescente delle tariffe groupage. Una forte riduzione ha interessato i paesi dell’ex-Unione Sovietica, quelli dell’Europa orientale e il Benelux; la Scandinavia, i paesi alpini e quelli balcanici, includendo Grecia e Turchia, hanno invece registrato costi medi in aumento”.
Noli aerei
Nel 2017 i costi aerei (comprensivi dei servizi ausiliari) sono significativamente aumentati rispetto all’anno precedente per le esportazioni (+12,7%), rispecchiando un incremento dei volumi movimentati; sono invece diminuiti, in misura contenuta, per le importazioni (-2,7%).
“L’incremento delle tariffe sulle merci esportate è stato piuttosto generalizzato dal punto di vista geografico, più pronunciato verso i paesi asiatici; il calo sulle merci importate ha interessato soprattutto le tratte europee”.
Quote di mercato
Frena la decrescita della quota dei vettori italiani nel settore marittimo, che è tornata quasi all’11% in media, dopo essere scesa al minimo storico l’anno precedente. “L’incremento ha riguardato in particolare il settore bulk liquido e il trasporto Ro-Ro; anche nella nave container la quota è aumentata, ma rimane a livelli molto bassi”. Nel trasporto stradale la quota dei vettori italiani si è ulteriormente ridotta, a poco più del 20 per cento, mentre nel comparto aereo è rimasta stabile (17,3 per cento).
Giovanni Grande