MAGGIO 2018 PAG.36 - Alis: la vitalità di un cluster fondamentale per l’Italia
Missione compiuta. La Due giorni di Alis (Sorrento) ha raggiunto l’obiettivo. La nuova organizzazione “orizzontale” del settore logistico ha riunito insieme imprese, porti, interporti, rappresentanti istituzionali, confermando la validità della sua inedita forma di rappresentanza. Ne è emerso un quadro variegato di proposte e sollecitazioni che dall’Europa all’Italia, passando per le trasformazioni imposte dalla rivoluzione tecnologica, dimostra la vitalità di un cluster fondamentale per l’economia italiana.
Beatrice Covassi (Capo rappresentanza in Italia della Commissione europea). L’Ue ha in corso importanti stanziamenti di risorse nel trasporto (oltre 40 miliardi per il meccanismo CEF, in aggiunta al piano Juncker che ha beneficiato l’Italia per circa 39 miliardi) ed è sempre più concentrata sullo sviluppo delle Ten-T. Da parte italiana si sconta una consolidata incapacità a dialogare con Bruxelles mentre all’orizzonte si staglia l’importante Consiglio europeo in programma a giugno che introdurrà la discussione al prossimo “pacchetto Bulc”. “Sarà importante partecipare al dibattito sulle prospettive finanziarie del prossimo bilancio 2021-27: la Brexit renderà disponibili meno risorse e si dovrà scegliere dove concentrare gli sforzi: coesione e trasporti saranno al centro di una lotta feroce”. In questo quadro, “grandi reti e intermodalità sono due ambiti su cui puntare con decisione”.
Fulvio Bonavitacola (vice presidente Regione Campania). Il “Patto per il Sud” ha rappresentato un importante inversione di tendenza nella ricerca della risoluzione degli squilibri del Paese. Una nuova stagione nella logistica (trasporto 4.0, intermodalità, rinnovato rapporto con il sistema bancario per il rilancio della aziende del settore) e l’istituzione delle ZES possono fungere da chiave di volta per il rilancio del Meridione. A patto, però, che “l’amministrazione pubblica riesca a funzionare in tempi compatibili con l’economia di mercato”. “Nonostante le risorse comunitarie non si riesce ancora a realizzare le infrastrutture nei tempi previsti dai cicli di finanziamento europei (6 anni, ndr)”. La causa: eccessiva burocrazia, organizzazione ancora ottocentesca, poca digitalizzazione, eccessivo ricorso all’art.323 sull’abuso d’ufficio.
Bartolomeo Giachino (ex sottosegretario ai Trasporti). Il Paese non riesce ancora a cogliere il valore economico della logistica. Un contributo in termini di sviluppo che viene contraddetto ad ogni cambio di governo. “Al sistema manca la necessaria continuità strategica e veri e propri ‘pezzi’ della filiera come nel caso della riforma degli interporti”. Il risultato è la perdita di quote rilevanti di traffico a favore di aziende straniere e l’avvitamento in una spirale al ribasso dei costi il cui risultato è l’ulteriore destrutturazione del tessuto imprenditoriale. “Se tutto va bene, se tutte le infrastrutture programmate saranno completate sfrutteremo i vantaggi del nostro sistema tra un decennio”. Nel frattempo non si può prescindere da riforme a costo zero, come lo sportello unico, annunciato e ancora di là da venire. “I nostri sono ancora porti delle nebbie: non sai quando la merce entra né quando esce”.
Marco Spinedi (Presidente Interporto di Bologna). L’innovazione e la diversificazione dell’offerta devono puntare a sfruttare l’esistente, a cominciare dalla rete dell’A/V. Il progetto che partirà a breve da Bologna prevede l’uso di una locomotrice ETR 500 e 8 carrozze passeggeri, opportunamente svuotate e utilizzate come avviene nel cargo aereo. “La merce sarà caricata con normali roller per una capacità di un tir e mezzo per carrozza e viaggerà di notte in direzione Marcianise”. Primo esempio a livello europeo (“se si eccettua una sperimentazione avvenuta in Francia con carichi residuali”) il servizio punta alla consegna dei piccoli pacchi in aree cittadine ma anche alla movimentazione dell’agroalimentare, con la sperimentazione prevista di uno o due reparti reefer per i prodotti a temperatura controllata. “Il progetto nasce dalle caratteristiche del nostro interporto, caratterizzato da una vocazione industriale variegata e in posizione geografica strategica. Si tratterà ad ogni modo di una sfida culturale: convincere la merce a viaggiare sull’A/V così come è avvenuto per i passeggeri”.
Amedeo Lepore (Assessore alle Attività Produttive Regione Campania). Le ZES aprono un’opportunità inedita di sviluppo per il Mezzogiorno e non a caso sono incentrate sul sistema logistico regionale (i due porti e la direttrice dell’A/V della Valle Ufita). “Siamo diventati un punto di riferimento per le altre regioni. Attraverso questo strumento puntiamo ad accelerare il sistema dell’intermodalità, ad attrarre investimenti esteri, ad accelerare ulteriormente il sistema industriale sul territorio”. Semplici e dirette le leve su cui lavorare: governance, semplificazioni, sgravi, incentivi. “Bisognerà lavorare ancora sulla dotazione prevista per gli accordi di sviluppo (circa 850 milioni, ndr), ancora scarna. L’economia del mare, che comprende le attività produttive tradizionali, le vie di scambio commerciale e le nuove connessioni all’interno del Mediterraneo, è il tema sul quale aprire un tavolo di confronto innovativo con gli operatori”.
Enrico Maria Puja (Direttore Generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie). Si sconta la mancata visione strategica del settore, tradotta in norme spesso contraddittorie e di non facile interpretazione. “La novità, partita con Lupi e rilanciata da Delrio, sta in un piano di approccio sistemico che introduce una necessaria visione d’insieme”. Tra i suoi elementi l’integrazione della portualità italiana nel disegno delle Ten-T. “Uno dei limiti del passato è non essere riusciti ad incidere sulle politiche europee. Non siamo stati in grado di indicare a Bruxelles la nostra lista di porti core”. Ciononostante, “siamo attraversati da quattro corridoi europei: è un’occasione che non possiamo perdere”.
Ugo Salerno (Presidente Rina spa). Distribuzione e interpretazione dei dati sono il futuro della logistica. Il porto 4.0 non è lontano. Il traguardo è lavorare in tempo reale per gli operatori. “L’operatività subirà una rivoluzione. Robot e droni lavoreranno nei luoghi più pericolosi; esoscheletri aumenteranno la produttività del lavoro; il monitoraggio garantirà più sicurezza. La messa in circolazione di una mole enorme di dati sensibili sarà un aspetto da non sottovalutare”. Solo gli scali più digitalizzati riusciranno a competere sul mercato. Sostenibilità e automatizzazione i driver dello sviluppo. Assieme alla ricerca tecnologica. “Già si lavora sulle celle di idrogeno per la propulsione navale, l’obiettivo dell’energia a costo zero non è più fantascienza. Sarà necessario attrezzarsi: essere pronti a cambiare a ritmi velocissimi”.
Andrea Annunziata (Presidente AdSP Mare Sicilia Orientale). Il paradosso sta tutto lì: “in Italia si persegue solo chi ha coraggio di apporre le firme ai provvedimenti; nessuna misura per chi non fa niente”. Un sistema che mette la portualità italiana ad anni luce da Rotterdam, campione di efficienza perché dotato di una risorse gestionali senza pari e immerso in un contesto amministrativo e politico favorevole. “L’Italia deve contrattare in maniera diversa in Europa perché non ottiene abbastanza”. Va posto freno anche al disequilibrio progettuale tra il Nord e il Sud del Paese. “Nove progetti su dieci riguardano il settentrione. Le ZES posso essere una cosa utile anche perché possono aprire un dibattito su queste tematiche”.
Sergio Prete (Presidente AdSP Mar Ionio). Taranto vive due crisi congiunturali (Ilva e contenitori) che si abbattono sul territorio ma “possiamo guardare con ottimismo al futuro”. Il segreto è la diversificazione: “a giugno i primi accordi sul polo multisettoriale e il settore delle autostrade del mare e delle crociere in via di consolidamento”. La sfida è di estendere la domanda retroportuale. Con i mezzi in dotazione alle attuali AdSP. “Non credo nel modello della Spa, a meno che non sia inserito in una riforma di contesto. Una volta privatizzati i porti rischierebbero, a loro volta, di avere difficoltà nel rapportarsi con la parte pubblica. Non tutti i modelli che arrivano dall’Europa sono giusti per l’Italia”.
Marzio Budian