Marzo 2018 Pag. 34 - La logistica sostenibile vista nella sua complessità
Affrontare i temi della logistica nella loro complessità.
Obiettivo centrato per la prima edizione di Green Logistic Expo di Padova, il
salone internazionale della logistica sostenibile che ambisce a diventare la
manifestazione di riferimento del settore in Italia. Due giorni e mezzo di
fiera, 246 aziende presenti, oltre cinquanta tra convegni e workshop animati da
circa 250 relatori che hanno declinato la materia in termini di business,
sostenibilità e connessione con il mondo produttivo. Intermodalità,
real-estate, e-commerce, logistica industriale e urbana le tematiche messe in
vetrina con un approccio che ha alternato le testimonianze sullo state
dell’arte da parte di numerosi rappresentanti di istituzioni, associazioni di
categoria e settore imprenditoriale. Molte le novità presentate: dai camion
elettrici di FOUR, giunti in fiera da Roma e da Milano, al software per la
ottimizzazione dei carichi groupage di Trans-Cel, fino al carro merci che si
muove da solo negli scali grazie ad un piccolo motore elettrico proposto da
Co.El.Da Software, società calabrese che ha già un prototipo in prova su un
binario messo a disposizione da RFI. A rubare la scena, nella giornata
inaugurale, l’inaugurazione delle nuove quattro gru elettriche a portale di
Interporto Padova che raddoppiano l’operatività infrastrutturale senza consumo
di suolo, per un risparmio di circa 400mila litri di gasolio. Una scelta in
termini di innovazione di processo e sostenibilità ambientale riecheggiata
anche nei due appuntamenti organizzati da SOS-Log, l’associazione guidata da
Daniele Testi che ha tracciato un primo bilancio dell’esperienza legata al
rilascio del proprio marchio di Logistica Sostenibile. Ampio lo spazio dedicato
all’impatto della digitalizzazione sulla filiera del trasporto e della
distribuzione, con i seminari organizzati da Cisco sulla seconda ondata di
informatizzazione e sulle sue conseguenze economiche e sociali, e alla
valorizzazione delle iniziative territoriali più virtuose. Tra queste Cityporto,
il servizio di distribuzione urbana delle merci con veicoli ecologici di Padova
(che ha superato il milione di consegne nei 14 anni di attività, operando ormai
a mercato senza alcun sussidio pubblico) e
Interporto Centro Ingrosso di
Pordenone, premiato da Green Logistics Expo come “esempio di partecipazione
innovativa e vincente a una manifestazione fieristica per aver riunito in un
Cluster le aziende dell’area operanti nell’intermodalità, nella logistica e
nella distribuzione”.
Guido Ottolenghi (Confindustria,
Pres. Gruppo tecnico per logistica, trasporti ed economia del mare).
“Rispetto al Nord Europa, caratterizzato da una storia di concentrazione,
l’Italia sconta una certa frammentazione industriale e il forte vincolo
geografico rappresentato dalle Alpi”. Una situazione che, puntando su una
logistica efficiente, potrebbe migliorare nel breve termine grazie agli
interventi sui tunnel alpini. “Esiste un’opportunità di collocarci come hub di
riferimento per il Sud Europa, a servizio della Via della Seta e dei traffici
crescenti che passano per Suez”. Come riuscirci? Facendo leva su una maggiore
concentrazione dei traffici, “favorendo la specializzazione di poli
trasportistici, guardando, oltre che alle crociere e ai container, alle merci
alla rinfusa che rappresentano il grosso della movimentazione merci”. Anche le
aziende devono fare la loro parte: “l’eccellenza nell’export non si può perseguire
solo affidandosi in modalità ex fabbrica ad operatori stranieri”.
Sebastiano Grasso (Managing Director – Business Services,
Contship Italia Group). “La normativa italiana in tema di
intermodalità è troppo datata, urgono adeguamenti anche in vista della
revisione annunciata recentemente dalla Commissione europea”. L’Italia soffre
di problemi nelle “connessioni di ultimo miglio”: non solo tra porti e ferrovie
ma anche tra queste e gli interporti. Come avviene per l’estero c’è bisogno di
un “volano di attenzione” per favorire lo spostamento del sistema dei trasporti
verso il ferro, affrontando la questione secondo una logica unitaria. In questa
direzione “sono state fatte cose più che buone”. “Un esempio è la rivoluzione
delle dogane. Però manca sempre lo scalino che può fare la differenza, come nel
caso dello sportello unico”. Un traguardo essenziale che può essere raggiunto
solo “affrontando l’opposizione di quelle aree di potere burocratico –
amministrativo che non vogliono rinunciare alla loro influenza”.
Matteo Gasparato
(Presidente UIR, Unione Interporti Riuniti). “Le eccellenze nel settore
interportuale esistono. Il governo deve fare la sua parte: il settore ha
bisogno di una normativa quadro che faccia da cappello non solo per le
questioni giuridiche ma anche per quelle operative”. Se l’obiettivo è mettere
in rete le piattaforme logistiche è necessaria “una revisione della disciplina
urbanistica” oltre una “rimodulazione degli interventi sull’ultimo miglio che
guardi anche alle esigenze degli interporti”. Le strutture esistenti (5 milioni
di mq di magazzini) vanno rese efficienti seguendo regole precise: “Come
associazione ci impegniamo a sostenere il legislatore. La futura legge quadro
dovrà essere incentrata su una definizione inequivocabile di interporto, sulla
disciplina urbanistica e ambientale, sugli strumenti per l’accesso ai sistemi
di finanziamento”.
Franco Fenoglio (Presidente
della Sezione Veicoli industriali di UNRAE). “Sull’intermodalità non c’è
contraddizione tra ferro e strada: sono le distanze a determinare la
convenienza tra un tipo di trasporto e l’altro”. Ciò non toglie l’impegno del
trasporto su gomma a garantire una maggiore sostenibilità ambientale. “Stiamo
lavorando con Anas alla digitalizzazione delle autostrade, investendo sia sull’elettrificazione
sia sul gas per gestire al meglio la lunga transizione verso combustibili meno
inquinanti”. Uno sforzo che comunque non deve portare a “demonizzare il
diesel”. “Il problema vero è rappresentato piuttosto dalla vetustà di un parco
circolante con una età media per mezzo di 13 anni rispetto ai 6-7 dell’Ue. In
attesa delle infrastrutture che ci porteranno all’uso esclusivo del metano e
dell’elettrico nel breve termine bisognerà puntare sull’euro 6”.
Thomas Baumgartner
(Presidente ANITA). “C’è un mito da sfatare: senza camion non può esistere
una modalità di trasporto sostenibile. Riusciamo a garantire in modo economico
il trasferimento da un punto A ad un punto B e, a parità di condizioni, non ci
sono problemi ad offrire servizi tramite il combinato”. Di certo, considerato
l’orografia del Paese, il trasporto su gomma rimane imprescindibile per le
distanze brevi. “Su questo punto i costruttori hanno imboccato la strada giusta
per garantire maggiore sostenibilità. Come associazione siamo pronti ad avviare
le sperimentazioni per quelle soluzioni come l’aggancio dei camion in carovana,
il P18 e la guida autonoma, che in alcuni Paesi sono già in uno stato avanzato.
Ad ogni modo, la multimodalità non si fa solo guardando alle infrastrutture ma
anche incentivando i servizi”.
Renato Mazzoncini
(Ad Ferrovie dello Stato Italiane). “Trasporto passeggeri, alta velocità e
merci sono funzioni di un ecosistema che non possono essere considerate
separatamente. Da qui la visione strategica con cui FSI ha affrontato lo
sviluppo del settore negli ultimi anni”. In particolar modo nel trasporto merci
dove il vero problema da risolvere “non sono solo i collegamenti di ultimo
miglio ma gli adeguamenti dei corridoi agli standard europei”. “Con un
investimento di 10 miliardi per il rinnovamento della rete abbiamo rimesso al
centro il settore: la stessa creazione di Mercitalia può essere interpretato
come un buon segnale da parte degli operatori privati in vista di una
riorganizzazione complessiva della filiera”. Restano i problemi di “overdesign”
che chiameranno il Gruppo a scegliere “cosa e dove investire, come spendere i
soldi pubblici” e di interconnessione tra binari e strade. “E’in questa chiave
che va letta l’integrazione con Anas in cui vogliamo travasare l’esperienza e
il know how della ferrovia nei progetti di elettrificazione e digitalizzazione
delle strade”. Ultima notazione sulla Via della Seta: “è chiaro che il
trasporto terrestre non sostituirà i collegamenti via mare. Con l’acquisizione
del retroporto di Salonicco e del Pireo puntiamo a giocare un ruolo rilevante
nei traffici intermodali del Mediterraneo”.
Zeno D’Agostino
(Presidente Assoporti e AdSP Adriatico Orientale). “La competitività dei
porti si gioca sulla terra. Un container che sbarca ha già compiuto il 95% del
suo tragitto. Un semirimorchio, al contrario, ha ancora molti soldi da
spendere”. È per questo che se uno scalo marittimo non fa ferro perde la grande
opportunità dell’intermodalità: “purtroppo molti porti, soprattutto sul
Tirreno, non hanno gabarit adatti al pc80”. Della problematica si fa carico il
piano d’investimenti di RFI ma è necessaria anche una “svolta culturale” che
interpreti al meglio gli strumenti messi a disposizione dalla riforma portuale.
“Non si può appiattire il discorso solo sulle insufficienze infrastrutturali,
se si guarda il territorio del nord Italia dall’alto ci sono binari
dappertutto”. Un sistema, dunque, che va integrato attraverso la partecipazione
diretta delle AdSP nella proprietà degli interporti e delle aree industriali.
“E’ quello che stiamo facendo a Trieste: la gestione diretta di aree logistiche
permette di riorganizzare i picchi di traffico in determinati orari critici.
Non è più necessario arrivare con il convoglio nell’area dello scalo. È un
modello che funziona, faremo ulteriori acquisti sul territorio per potenziarlo
ulteriormente”.
Pietro Spirito
(Presidente AdSP Tirreno Centrale). “I porti del Mezzogiorno movimentano
metà del traffico complessivo del paese in mancanza di un sistema logistico
degno di questo nome”. Per il futuro va messa mano “sulla rete terrestre, la
ricucitura tra le infrastrutture esistenti, il collegamento tra i porti e le
industrie”. Il fallimento della politica di insediamento delle attività
produttive all’interno delle aree disagiate (le “opere compensatorie” dove non
c’era logistica) richiama l’attenzione sulla riscoperta della vocazione
industriale delle banchine e potrebbe trovare una valida soluzione nelle ZES.
“C’è bisogno sia di reti lunghe, per allargare i bacini di utenza dei porti,
sia di reti brevi, in grado di alimentare il settore manifatturiero”. Fondamentale,
più che le infrastrutture, l’innovazione nei servizi. “Va superato
quell’incontro di due volontà sbagliate che ha portato a cedere i binari ai
porti e innovato l’attuale modello di gestione che vede la distinzione tra
manovra e trazione. Purtroppo sono interventi che non necessitano di grandi
investimenti e questo è paradossalmente in problema”. La posta in gioco, data
per persa l’occasione della Via della Seta con l’acquisizione cinese del Pireo,
è il bacino del Mediterraneo. “La autostrade del mare sono ancora troppo poco
europee. Vanno sviluppate per portarle più a sud, verso l’Africa, ma anche
trovare modi per penetrare i mercati più settentrionali”.
Federica Montaresi
(AdSP Mar Ligure Orientale). “Il porto di La Spezia è partito nel 2013,
operando in largo anticipo nella direzione di un sistema integrato, e oggi è
ben collegato alla rete internazionale”. Sperimentazione dei fast corridors,
sdoganamento a destino, digitalizzazione della catena logistica sono alcuni
degli elementi che hanno contribuito al successo del suo settore intermodale
(33% la quota del traffico ferroviario). “La svolta è arrivata con il nuovo
modello di gestione del servizio ferroviario portuale esteso agli scali fuori
porto e la creazione dell’area di controllo merci nelle aree retroportuali di
Santo Stefano che ha permesso la razionalizzazione delle operazioni”. Per il
futuro il Sistema la Spezia prevede oltre 300mila carri/anno e punta al 50% del
traffico diretto via ferrovia.
Francesco
Pagni (Direttore Interporto Servizi Cargo).
“Grazie al progetto TAC sarà finalmente possibile trasportare via ferro i mega
trailers P400 sulla direttrice Nord – Sud Italia dando un contributo
fondamentale allo sviluppo dell’intermodalità lungo tutto il territorio della
penisola”. A renderlo possibile l’accordo quadro firmato con RFI per
l’assegnazione delle tracce orarie 2019-2018 tra Pomezia e Verona, Melzo,
Novara, con la possibilità di un collegamento anche con l’Interporto di Nola a
partire dal 2021. “Oggi i trailers sono movimentati via ferrovia solo tra il
Nord Italia e il resto d’Europa mentre devono proseguire via strada per il Sud
a causa delle limitazioni strutturali della linea storica e dei suoi tunnel. Il
problema può essere superato grazie la passaggio dei treni sulla rete AV/AC”. In
particolare, l’intesa, frutto di un tavolo tecnico tra RFI e ISC, prevede lo
sfruttamento notturno della tratta Firenze – Bologna. Due le fasi di avviamento
del progetto: 2019 per i collegamento tra Venezia - Novara e Pomezia e 2020 per
la tratta Melzo – Pomezia. L’obiettivo, quando l’infrastruttura di n per Nola
sarà adattato (linea Napoli – Roma), è operare con 6 treni per direzione.
Giovanni Grande