APRILE 2018 PAG. 44 - Ancer, la filiera cerealicola richiede logistica efficiente
Anche la filiera cerealicola guarda con attenzione alla
logistica come ad una leva essenziale per migliorare la propria produttività .
Caratterizzato da un’alta incidenza delle importazioni, il comparto che ruota
attorno a cereali, semi oleosi e prodotti derivati ha maturato negli ultimi
anni la consapevolezza che solo attraverso un sistema di approvvigionamento e
di distribuzione efficiente, veloce ed economico sarà possibile mantenere la
concorrenzialità sul mercato comunitario. In questa direzione, insieme ad una
campagna informativa circa la salubrità dei prodotti che sbarcano in Italia, si
muove ANACER, l’associazione nazionale dei cerealisti guidata da Carlo Licciardi.
“Con circa 70 associati rappresentiamo, dagli importatori ai commercianti, dai
terminal ai broker e agli spedizionieri, tutto il sistema che da vita a un
settore che sfiora i 10 miliardi di euro di fatturato”.
Quali sono le caratteristiche
della filiera?
In Italia il settore agroindustriale utilizza grosso modo
una quarantina di milioni tonnellate di materie cerealicole. La produzione
interna soddisfa solo la metà del fabbisogno. Da qui la rilevanza delle
attività di import che sono trasportate per più del 60% via mare e per il resto
prevalentemente via gomma. Tengo a precisare, circa la qualità delle materie,
che i cereali in arrivo in Italia sono rigorosamente controllati. Lungo le vie
marittime, ad esempio, il prodotto è verificato sia nei porti di partenza sia
in quelli di arrivo.
Come funziona la
logistica dei cereali?
Si tratta di un sistema abbastanza articolato lungo la
penisola. Il centro-sud Italia è servito principalmente attraverso i porti: da
qui il prodotto viene facilmente trasferito su strada grazie alle brevi
distanze da coprire per raggiungere gli impianti industriali. Nel Nord, invece,
il fabbisogno è soddisfatto attraverso una duplice direttrice: via mare,
attraverso i porti di Ravenna, Venezia e Savona; via terra, proveniente da
Francia ed Europa centrale. In entrambi le situazioni, riscontriamo difficoltÃ
nei processi di movimentazione.
Di che tipo?
Il porto di Ravenna, che rappresenta il punto di sbarco
principale per l’Adriatico, soffre a causa del mancato adeguamento dei fondali.
Il fenomeno del gigantismo navale sta caratterizzando anche il nostro settore e
alla lunga le nuove unità potrebbero preferire Koper o operare attraverso tagli
di portata, con costi superiori che andrebbero a ripercuotersi lungo tutto la
filiera. Ciò che preoccupa sono soprattutto i tempi di realizzazione degli
interventi: la questione degli escavi è nota da anni ma si continua solo
discuterne.
Per quanto
riguarda il trasporto terrestre quali soluzioni avanzate?
Come associazione cerchiamo di animare il dibattito, di
proporre nuove idee verso una svolta intermodale. La ferrovia rappresenterebbe
un’ottima soluzione nei confronti del tutto gomma, specie per quanto concerne
il settore della mangimistica: basterebbe realizzare piattaforme per la rottura
del carico e il conseguente trasbordo delle merci, sulla falsariga di quello
che viene fatto negli interporti per i contenitori. Si tratterebbe, in
definitiva, di creare un’infrastrutturazione a costi contenuti, dando una
risposta a quella frammentazione territoriale dell’industria che rappresenta il
vero deterrente all’uso del ferro.
Quali sono le prospettive
per il futuro del comparto?
I trend macroeconomici vanno nella direzione di un
aumento ulteriore delle quote di materie prima da importare. A maggior ragione
la fase logistica diventa strategica per garantire la produttività del sistema.
Si pensi alla nostra industria nazionale della carne, in diretta concorrenza
con quella francese. I maggiori costi sul trasporto dei mangimi, qualora non
fossero adottate le misure necessarie, potrebbero sortire effetti negativi sui
prezzi del prodotto finale.
Giovanni Grande