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GEN 2018 PAG 4 - TUTTO IL 2018 DALLA A ALLA Z



Assoporti. Il cambio di contesto innescato dalla riforma Delrio chiama in causa anche l’associazione che riunisce i porti italiani. Da un assetto puntiforme, caratterizzato dalla concorrenza diffusa tra gli scali, si passa alla “coopetition” tra sistemi regionali. A Zeno D’Agostino il compito di guidare la ridefinizione identitaria dell’associazione che punterà, come emerso dall’assemblea dello scorso dicembre, “a portare le nostre istanze in Europa, come lobby”.
Blockchain. È indicata da più parti come la prossima svolta tecnologica. Sfruttata fino ad ora per la creazione di criptovalute (Bitcoin, ad esempio) promette di rivoluzionare il settore della logistica attraverso l’uso di registri elettronici validati in modo aperto e trasparente risolvendo, letteralmente con un solo click, tutte le procedure amministrative legate al trasporto merci.   
Confitarma. Il neo presidente Mario Mattioli dovrà gestire un settore sempre più diviso tra “crisi di rappresentanza” (fenomeno, invero, generale), scissioni e tensioni tra gruppi armatoriali piccoli e grandi. Sullo sfondo la difesa del “Registro internazionale” e le sfide globali dell’abbattimento della CO2, il “global cap”, l’uso di carburanti alternativi, istituzione delle SECA.
Dragaggi. Situazioni più o meno sbloccate, come a Napoli e Ravenna, altre ancora sotto la spada di Damocle del palleggio ministeriale (vedi Salerno). Gli escavi, nel bene e nel male, sono l’emblema del sistema italiano: tra necessità di adeguamento e inefficienze burocratiche.
Economia (del Mediterraneo). Il Mare Nostrum conferma la sua centralità nelle rotte intercontinentali (25% del traffico container; 30% traffico petrolifero). Il raddoppio di Suez sta aprendo un inedito mercato per i collegamenti Cina-USA. Da monitorare la situazione di instabilità politica della sponda sud: superata la crisi l’area MENA (Med East – North Africa) diventerà mercato di riferimento per i porti del Meridione.   
Ferrovia. La cura del Ferro proseguirà nel 2018. Al secondo Forum di Pietrarsa sono stati indicati gli obiettivi da centrare nel prossimo lustro: lunghezza treni (750 metri); sagoma (4 metri); attraversamenti delle Alpi; fast corridors; dematerializzazione documenti. E ancora: ferrobonus (60 milioni sul biennio 2018-19); sconto pedaggio; formazione macchinisti; agevolazioni per terminal ferroviari portuali.    
Gigantismo navale. Le navi da 22mila Teu non sono più fantascienza. Per effetto “cascata” cresce sempre più il tonnellaggio delle unità impiegate nei collegamenti regionali. Questo significa adeguamento delle infrastrutture (dragaggi, banchine, retroporti) e una pressione sempre maggiore dei grandi player sull’organizzazione del lato terra gestito dalle nuove AdSP.
Handling. Le associazioni di categoria (Ancip, Assiterminal, Assologistica, Confetra, Fise-Uniport) hanno recentemente messo nero su bianco: “Nel settore dell’handling portuale non esiste in Europa nessun Paese che abbia una regolamentazione tanto complessa quale è quella italiana. Ciò genera un evidente danno sia verso il consolidamento dei terminal operators italiani, sia per l’attuazione e lo sviluppo di investimenti da parte dei medesimi”.
Intermodalità. Non solo dragaggi per rispondere alle sollecitazioni del gigantismo navale. Il sistema logistico nazionale va ripensato secondo i canoni della multimodalità, in grado di garantire servizi efficienti, veloci e meno impattanti dal punto di vista ambientale. Esigenza evidenziata da Drewry, tra gli altri, che in un rapporto dello scorso dicembre  pone l’accento più che sulla grandezza delle infrastrutture portuali sulla loro capacità di creare connessioni a tutto tondo.
Lng. La strada verso l’uso di carburanti alternativi non potrà prescindere da un periodo di transizione in cui coesisteranno fonti di energia tradizionali e rinnovabili. Il gas naturale liquefatto è già più che un’opzione per il settore dello shipping. In Italia, purtroppo, manca ancora l’infrastrutturazione adeguata nonostante i tanti progetti presentati. Il 2018 potrebbe essere l’anno buono per sistemare le lacune normative in materia di bunkering.



Manodopera (pool). La “riforma” della riforma portuale, ovvero il decreto integrativo promulgato a fine 2017, concede inediti margini di manovra ai presidenti di AdSP nell’organizzazione del lavoro. Restano intatti i nodi sul destino delle ex Compagnie portuali e i dubbi sulla natura e l’effettivo ruolo delle nuove agenzie del lavoro, in special modo quelle costituite nei porti di transhipment (Taranto e Gioia Tauro).
Nautica. Il 2018 sarà l’anno in cui sarà testato il nuovo codice della nautica. Dopo la “caccia alle streghe” degli anni passati si punta a introdurre semplificazioni e correttivi nei procedimenti amministrativi, favorire un aumento della competitività allineando la normativa nazionale alle analoghe norme in vigore negli altri paesi europei, e promuovere il volume commerciale della produzione nazionale anche verso i mercati esteri.
Organismi di partenariato. Con l’entrata a regime della riforma e il completamento di tutti gli organi di consultazione previsti per affiancare la governance dei porti si avrà un’idea più chiara di chi e come ha dovuto lasciare la “stanza dei bottoni” dei vecchi e affollatissimi comitati portuali.
Pianificazione. È il principio ispiratore del nuovo assetto portuale della penisola. In epoca di scarse risorse non ha più senso assegnare finanziamenti a pioggia per progetti che si sovrappongono. Se ne capirà di più con l’avvio della “cabina di regia” ministeriale prevista dalla nuova legge sui porti.
Quattro punto zero. Oltre all’industria anche la logistica uscirà trasformata dalla tecnologia. In attesa delle magie promesse dalla blockchian digitalizzazione, automatizzazione e internet delle cose stanno già cambiando gli equilibri strutturali del settore. Uno degli obiettivi principali sarà l’attivazione dello “sportello unico”. 
Rappresentatività. In principio è stata Alis. Poi sono venute Confmare e AssArmatori. Il tradizionale modello di rappresentanza degli interessi di categoria mostra la corda. Nel mondo della disintermediazione spinta si fa sempre più fatica a ricomporre interessi divergenti. Si passa così dalla verticalità all’orizzontalità attraverso la rimodulazione delle offerte. Di sicuro aumentano gli attori (e le pressioni) in campo.
Short sea shipping. Settore di eccellenza dello shipping nazionale sta trainando la crescita dei traffici portuali risultando quello con i maggiori tassi di crescita degli ultimi anni. Un trend positivo (+20,7%, oltre 24 milioni di passeggeri) che secondo MIT dovrebbe continuare anche nei prossimi 10 anni  anche alla riconferma del Marebonus.
Teu. Tutti li cercano, tutti li vogliono.
Unione europea. Il 2018 vedrà aperta a Bruxelles una nuova fase di negoziazione per garantire a livello comunitario il meccanismo incentivante del Marebonus, considerata da tempo una best practice. D’altronde è sui tavoli della Commissione che si discutono i dossier più importanti per il settore trasporti. Ha ragione Zeno D’Agostino: “Fare lobby”.
Via della Seta. È la declinazione in salsa cinese della globalizzazione. L’aumento della connettività, favorita dall’infrastrutturazione tra Asia, Africa ed Europa, porta vantaggi a tutti ma, come ben spiegato all’ultima assemblea di Assoporti, occhio (anche) agli interessi nazionali.
ZES. Sono lo strumento adottato in più parti del mondo per favorire l’afflusso di capitali internazionali in aree arretrate dal punto di vista economico. Il governo italiano ha vincolato (giustamente) il loro insediamento nelle zone meridionali in cui è presente un porto, delegando al presidente dell’AdSP di riferimento la gestione dei piani strategici. Da poco sono state affiancate dalle Zls (zone logistiche speciali) anche nel resto del Paese. Con non poche polemiche.

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