Header Ads

GEN 2018 PAG 26 - Danni punitivi, riconoscimento delle sentenze americane



La Cassazione apre le porte al riconoscimento delle sentenze americane sul pagamento dei danni punitivi

Come ricorderete, nel precedente numero….., ebbi modo di intrattenere il lettore: (I) sull’istituto dei “punity damages”, contemplato da alcuni ordinamenti di common law, e sulla loro natura sanzionatoria; (II)  sull’incompatibilità di tali danni con le nostre norme interne che riconoscono l’esclusiva natura compensatoria e non sanzionatoria del risarcimento dei danni; (III) sulle problematiche inerenti alla delibazione in Italia di una sentenza straniera, nella specie quella resa da una Corte statunitense che aveva  liquidato tali danni e che, come tale, sembrava ne precludesse il riconoscimento nel nostro ordinamento in quanto contraria al principio di ordine pubblico; (IV) sul ricorso per cassazione che il convenuto italiano aveva proposto contro la sentenza della Corte di Appello di Venezia la quale, con argomentazioni molto censurabili, aveva escluso che la condanna avesse ad oggetto danni punitivi, riconoscendone conseguentemente la sua delibazione; (V) sull’ordinanza della Corte di Cassazione che, rilevata l’esistenza di numerose ragioni che suggerivano di dissentire dalle motivazioni addotte da altre pronunzie della stessa Corte in merito alla definizione del principio di ordine pubblico (la cui violazione non rendeva compatibile con il nostro ordinamento le sentenze straniere di condanna al pagamento dei danni punitivi), aveva rimesso gli atti al Presidente della Corte perché valutasse l’opportunità di affidare la decisione su tali aspetti alle Sezioni Unite.
Avendo il Presidente accolto la richiesta, le Sezioni Unite hanno ora deciso la questione con sentenza n. 16601 del 2017. La decisione, per quanto concerne l’argomento che qui interessa, merita un attento esame attesa l’autorevolezza dell’organo giudicante e la rilevanza del principio di diritto affermato che trova il suo fondamento nell’evoluzione del quadro normativo interno e in un nuovo concetto del principio di ordine pubblico, con la conseguente impossibilità di poter condividere quella giurisprudenza (cfr. per tutte Cass. 1781/2012) che aveva escluso la compatibilità con l’ordinamento italiano della condanna estera al risarcimento di danni di natura sanzionatoria in aggiunta quelli di natura compensatoria.
Per giungere a questa conclusione, la Corte, osserva, da un lato, se sia poi effettivamente vero che l’ordinamento interno non preveda già danni sanzionatori e, dall’altro, se il concetto di ordine pubblico non sia nel tempo mutato assumendo un’ampiezza ben più estesa rispetto al riferimento del solo ordinamento interno. In particolare:
(a) e con riferimento all’ordinamento interno, osservato come d’altro canto già la giurisprudenza avesse avuto modo di manifestare serie perplessità sull’incompatibilità di norme sanzionatorie in aggiunta a quelle compensatorie, cita:
- la sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2011 che  “riferendosi alla normativa in materia laburistica (l. n. 183/2010), ha avuto modo di chiarire che trattasi di una novella “diretta ad introdurre un criterio di liquidazione del danno di più agevole, certa ed omogenea applicazione” avente “l’effetto di approssimare l’indennità in discorso al danno potenzialmente sofferto a decorrere dalla messa in mora del datore di lavoro fino alla sentenza” senza ammettere la detrazione dell’aliunde perceptum e così facendo assumere all’indennità onnicomprensiva “una chiara valenza sanzionatoria”;
- la sentenza della Corte Costituzionale 152/2016 che, con riferimento alla disposizione di cui all’art. 96 c.p.c., aveva riconosciuto la natura “non sanzionatoria (o, comunque, non esclusivamente tale) e, più propriamente, sanzionatoria, con finalità deflattiva” di questa disposizione;
- la sentenza della Cassazione, Sezione Unite, n. 9100 del 6 maggio 2015 che, sebbene con specifiche precisazioni, ha ritenuto che la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non fosse più “incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, come una volta si riteneva negli ultimi decenni giacché negli ultimi decenni sono state qua e là introdotte disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento.”
- in ultimo, la sentenza della Corte di Cassazione n. 7613/2015 nonché l’ordinanza di rimessione n. 9978/16 che, tra l’altro, aveva indicato una serie di norme interne in materia di risarcimento il cui carattere doveva necessariamente ritenersi sanzionatorio. All’elenco di dette norme contenuto dalla predetta ordinanza, la Corte aggiunge: quelle: (I) del codice sul consumo, dove si tiene conto anche della gravità del fatto; (II) dell’art. 709 ter c.p.c., n. 2 e 3, per le inadempienze agli obblighi di affidamento della prole; (III) dell’art. 614 bis c.p.c. che contempla il potere del Giudice di fissare una somma pecuniaria per ogni violazione ulteriore o ritardo nell’esecuzione del provvedimento “tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato e prevedibile e di ogni altra circostanza utile”; (IV) dell’art. 114 del D.Lsg. del 2 luglio 2010, n. 114, che attribuisce al giudice amministrativo dell’ottemperanza analogo potere; (V) dell’art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori il quale, nell’ipotesi di illegittimità del licenziamento di particolare gravità, scoraggia la mancata reintegrazione con una sanzione aggiuntiva.
Tutto quanto  sopra osservato dalla Corte ed il rilievo che la stessa Cassazione (cfr. sentenza S.U. del 15 marzo 2016, n. 5072) “parla della possibilità per il legislatore nazionale di configurare “danni punitivi” come misura di contrasto della violazione del diritto euro unitario” induce la stessa a riconoscere che “vi è dunque un riscontro a livello costituzionale della cittadinanza nell’ordinamento interno di una concezione polifunzionale della responsabilità civile” pur con la dovuta precisazione che  “tutto ciò non consente di ritenere che “l’istituto aquiliano abbia mutato la sua essenza e che questa curvatura deterrente/sanzionatoria consenta ai giudici italiani che pronunziano in materia di danno extracontrattuale, ma anche contrattuale, di imprimere soggettive accentuazioni al risarcimento che vengono liquidati” e ciò in quanto “ogni imposizione di prestazione personale esige una intermediazione legislativa in forza del principio di cui all’at. 23 della Costituzione che impone una riserva di legge quanto a nuove prestazioni patrimoniali”. Per l’effetto, resta ferma l’impossibilità per il Giudice italiano di potersi discostare dalla normativa interna che, appunto, non contiene alcuna norma che in materia di responsabilità consenta di liquidare danni sanzionatori in aggiunta a quelli di natura compensatoria. Ciò, dunque, diviene possibile solo in presenza di una norma ad hoc.
(b) con riferimento al concetto di ordine pubblico, rileva che:
- come già osservato dalla corte nell’ordinanza di rimessione, il concetto di ordine pubblico, che costituisce un limite all’applicazione della legge straniera, ha subito una  profonda evoluzione dovendosi ad esso riconoscere una valenza sovranazionale rispetto a quella della legislazione interna. Per l’effetto, l’attenzione non può essere rivolta solo a quest’ultima ed alla Costituzione ma, dopo il trattato di Lisbona, anche alle garanzie “approntate ai diritti fondamentali della Carta di Nizza, elevata a livello dei trattati fondativi dell’Unione europea dell’art. 6 TUE” talché a questa storica funzione dell’ordine pubblico si è affiancata, con l’emergere e il consolidarsi dell’Unione Europea, una funzione di esso promozionale dei valori tutelati, che mira ad armonizzare il rispetto di questi valori, essenziali per la vita e la crescita dell’Unione”. Riprova di quanto precede la si trova nell’articolo 67 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che recita “l’Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati Membri”. Quindi, sebbene conservino la loro prevalenza e sacralità i valori espressi dalla Costituzione e dai  principi essenziali della legge, la compatibilità di un istituto giuridico straniero non può negarsi per il solo fatto che non vi sia identità tra detto istituto e quello analogo interno e ciò in quanto detta incompatibilità, ai fini della delibazione della sentenza straniera, si configurerebbe solo allorquando non trovasse la sua fonte nella legge straniera e tale legge confliggesse con i “valori che presidiano la materia, valori riconducibili agli artt. 23, 24 e 25 della nostra Costituzione”. E tra questi, in particolare, il principio di legalità secondo il quale “ogni prestazione patrimoniale di carattere sanzionatorio o deterrente non può essere imposta dal giudice italiano senza espressa previsione normativa”.
Posto quanto precede, la Corte, con riferimento ai c.d. “punity damages” oggetto di una sentenza straniera ritiene che, ai fini dell’accertamento della compatibilità di tale istituto giuridico americano con il principio di ordine pubblico, l’esame debba essere rivolto al rispetto (I) del principio di legalità accertando che la condanna sia prevista “sulla scorta di basi normative adeguate che rispondano ai principi di tipicità e prevedibilità secondo principi e soluzioni con effetti che risultino non contrastanti con l’ordinamento italiano”. Per l’effetto, “dovrà esserci precisa perimetrazione della fattispecie (tipicità) e puntualizzazione dei limiti quantitativi delle condanne irrogabili (prevedibilità) e (II) dell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e cioè ai principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene talché sia verificata ed accertata la proporzionalità “tra risarcimento riparatorio-compensativo e risarcimento punitivo e tra quest’ultimo e la condotta censurata per rendere riconoscibile la natura della sanzione/punizione” essendo detta proporzionalità “uno dei cardini della materia della responsabilità civile”.
Concludendo, la Corte, premettendo alcune evoluzioni della normativa americana in materia di danni punitivi con particolare riferimento ai criteri di determinazione della loro entità, ha pronunziato il seguente principio di diritto:
“Nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non è quindi ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alle condizioni che essa sia stata resa nell’ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell’atto straniero ed alla loro compatibilità con l’ordine pubblico”.
Infine, ritengo utile segnalare che la sensibilità giuridica italiana, almeno degli avvocati difensori di persone danneggiate a seguito della violazione degli obblighi di sicurezza, incominci a manifestare l’esigenza che anche il nostro legislatore preveda, sebbene in casi molto particolari, l’opportunità di riconoscere anche i danni punitivi al fine di sanzionare il comportamento gravemente colposo del danneggiante e di costituire un deterrente al comportamento di altri. Ad esempio, una richiesta di tal genere è stata formulata dl alcuni difensori delle parti civili che si sono costituite nel procedimento penale pendente innanzi al Tribunale di Genova contro i responsabili del crollo della torre dei Piloti e della morte delle persone che erano presenti in tale luogo al momento dell’urto della nave contro la torre. Ovviamente, queste richieste non potranno che essere disattese in quanto, allo stato, manca una disciplina giuridica che li preveda e regoli.

Avv. Vittorio Porzio

Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.