DIC 2017 PAG 34 - Ormeggiatori al lavoro per standard internazionali
In un contesto caratterizzato
da navi sempre più grandi e tecnologiche le problematiche di sicurezza legate
all’ultimo tratto di navigazione, quello che in porto si svolge in spazi
ristretti e trafficati, in prossimità della banchina, rischia di passare in
secondo piano. E’ proprio in questa fase delicata dell’operatività marittima
che il servizio d’ormeggio deve fornire una risposta in termini di sempre
maggiore professionalità . “Una ricerca di efficienza che va perseguita a
livello globale, con un adeguamento continuo ai tempi che cambiano e una capacitÃ
di rappresentanza del settore in grado di dialogare ai piani alti, dove si
decide il futuro delle attività marittime”. Sono gli obiettivi perseguiti da
Marco Mandirola, presidente dell’International Boatmen’s Linesmen’s Association
– IBLA, l’organizzazione “no profit”
nata nel 2006 a Ravenna con lo scopo di favorire lo scambio di informazioni,
esperienze, e competenze nel settore
delle attività tecnico – nautiche.
Quale bilancio nel 2017 per IBLA?
È stato un anno proficuo.
Abbiamo registrato l’ammissione degli ormeggiatori dell’Uruguay, dell’Iran e di
Rijeka e ricevuto la richiesta di ammissione da parte dei colleghi di Panama.
Ad oggi riuniamo così le società d’ormeggio di quasi tutta Europa, degli Stati
Uniti, di Tunisia e Marocco, per l’Africa del Nord e degli Emirati Arabi. Siamo
ancora carenti sul fronte asiatico, dove un certo grado di diffidenza rende più
difficile la costruzione di legami solidi. L’idea, in generale, è fare leva sui
contatti transnazionali per rendere omogenee le istanze e ridurre la tendenza a
mettere in secondo piano i temi fondamentali del rispetto delle regole e dei
diritti primari.
Gli obiettivi principali della vostra azione?
Essenziale è la definizione di
standard minimi e vincolanti a livello internazionale. Oltre al riconoscimento
della specificità del nostro ruolo. Su questo punto abbiamo lavorato
proficuamente con l’IMO nel processo di revisione del regolamento Solas, in
particolare sul capitolo inerente la manutenzione e la verifica dei cavi di
ormeggio. Crediamo di avere le conoscenze sufficienti per capire se
un’attrezzatura va sostituita o meno ponendoci nel ruolo di interfaccia per la
segnalazione di avarie presso l’autorità marittima. In attesa della votazione,
prevista per il primo semestre del 2018, siamo impegnati con il riconoscimento,
sempre presso l’IMO, come “Membri Auditori”.
Di cosa si tratta?
L’obiettivo, da perseguire con
il rafforzamento del nostro bacino di iscritti, è quello di poter partecipare a
Londra alle riunioni in cui sono trattati i temi relativi alla categoria. In
questo modo potremmo interloquire in modo più efficace con il livello
decisionale, correggendo impostazioni dannose per il futuro dell’attività . Il
pericolo da evitare è che passi l’idea dell’ormeggio come servizio marginale e
non come cardine della sicurezza della navigazione nel porto e nelle acque ad
esso adiacenti.
In che modo sta cambiando l’attività dell’ormeggiatore?
Il ricorso sempre più spinto
all’automazione incide sulle condizioni di lavoro a bordo e in banchina. La
tendenza a gestire attraverso la strumentazione la quasi totalità delle
operazione rischia paradossalmente di complicare la gestione della manovra, soprattutto
in spazi ristretti e congestionati, laddove ci è richiesto un surplus di applicazione
mentale e manuale. È proprio questa condizione a rendere necessaria
l’individuazione delle specificità proprie al nostro ruolo: l’unico modo per
rispondere a un mutamento degli assetti armatoriali sempre più indirizzati
verso il ridimensionamento degli equipaggi e l’eterogeneità della loro
composizione.
Giovanni Grande