DIC 2017 PAG 50 - Culp, la sfida per il futuro sarà il modello da adottare
Un bilancio in controluce
quello del primo anno di attività della nuova AdSP del Mar Tirreno Centrale
secondo Gennaro Imperato, Coordinatore Regionale Porti Campania della Cisl.
“Non era facile risollevare fin da subito le sorti di uno scalo che usciva da
tre anni di commissariamento. Si sono registrati segnali senza dubbio positivi
ma i pannicelli caldi adoperati per lenire le criticità sul fronte lavoro nel
passato recente non bastano più. Primo o poi i nodi vengono al pettine ed è
arrivato il momento di scioglierli definitivamente”.
Cosa la convince di più della nuova governance del porto?
Va dato atto al presidente
Spirito di essere riuscito a creare un clima di grande collaborazione con
Regione e MIT. Finalmente si parla la stessa lingua e questo non può che far
bene alla ripresa dello scalo. Aver sbloccato i lavori per il dragaggio dei
fondali rappresenta un passo fondamentale. Ci auguriamo che l’intervento,
favorendo la ripresa dei traffici, possa sortire effetti positivi sui livelli
occupazionali. Anche perché il ricorso alla cassa integrazione per i terminal
che maggiormente hanno sofferto di questa situazione, Conateco e Soteco, non
potrà essere attivata nel prossimo quinquennio. Da qui un’esortazione a
monitorare costantemente il corso dei lavori: completare l’opera nei tempi
previsti, 14-16 mesi, anche se non garantirà da subito la risoluzione delle
varie criticità in atto diventa comunque essenziale.
Gli aspetti negativi?
Imputo a Spirito
un’impostazione troppo “manageriale” sulle questioni del lavoro. E’ chiaro che
andiamo ad affrontare le conseguenze di anni di immobilismo e, proprio per
questo, chiediamo più concertazione. I problemi purtroppo si sono accumulati e
c’è una dimensione sociale nelle vertenze che ci hanno coinvolto, dal destino
dei lavoratori della movimentazione ferroviaria alla cassa integrazione per il
terminal crociere, risoltasi con un inaspettato successo, che non può essere
elusa facendo ricorso solo alle previsioni di legge. Certo, nei bandi di gara
non è obbligatorio inserire le clausole di salvaguardia occupazionale, ma farlo
rappresenterebbe un importante segnale di attenzione sul futuro di famiglie che
devono quasi tutto al lavoro portuale. Da parte nostra c’è la massima
disponibilità al dialogo, abbiamo sempre lavorato per preservare un clima
disteso tra i lavoratori.
Quale sarà il destino della Culp?
Altro problema annoso. In un
contesto generale in cui non si riesce nemmeno ad inserire il lavoro portuale
tra quelli usuranti, il correttivo alla riforma non risolve affatto la crisi
dell’art.17. Oggi la compagnia può contare su un totale di 75 unità: con il
calo del monte turni e la crisi generale dei traffici si è dovuti ricorrere lo
scorso giugno ad un’autotassazione del 15% per ripianare il bilancio. Pesa in
questa situazione anche il mancato controllo da parte delle gestioni precedenti
sugli organici delle imprese. Con la scadenza della concessione a gennaio 2018
bisognerà decidere quale modello adottare. Il presidente Spirito non sembra
propendere per la costituzione di un’agenzia del lavoro. Ci ha chiesto una
rimodulazione delle tariffe e dell’organizzazione. Nei prossimi confronti
vedremo quale strada prendere: di certo va posto un freno a questa lunga
agonia. Il rischio è quello di alimentare una guerra tra poveri.
Cosa chiedete a questo riguardo?
La legge prevede la verifica
del piano delle imprese, cosa che non è mai stata fatta. In quest’ottica,
giudichiamo in modo positivo l’orientamento espresso verso l’abolizione
dell’esclusività di banchina per i concessionari: eliminando il ruolo di
intermediazione che alcune società si sono arrogate permetterebbe all’art.17 di
essere più concorrenziale nei confronti degli armatori. Un lavoro di
livellamento andrebbe fatto anche a livello di canoni demaniali per recuperare
competitività: è stato dimostrato che le tariffe a Napoli sono tra le più alte.
Infine, una notazione sul rinnovo del protocollo di sicurezza istituito nel
2007. Si tratta di un ottimo strumento che ha contribuito a ridurre gli
incidenti del 40% che, se non migliorato, almeno dovrebbe conservare la sua
struttura. Su questo punto non abbiamo intenzione di cedere rispetto ad altri
modelli, che consideriamo meno efficienti, proposti dall’ente portuale: la
sicurezza non può essere misurata sul metro dell’economia.
Giovanni Grande