DIC 2017 PAG 46 - Misure di protezione per le Bocche di Bonifacio
Delle tre “misure associate di
protezione” alla PSSA (Particurarly Sensitive Sea Area) delle Bocche di
Bonifacio solo quella relativa alla presenza a bordo di un pilota nel tratto di
attraversamento dello stretto è effettuata ancora in via sperimentale. “Dal
primo luglio 2014 abbiamo accompagnato poco più di una decina di unità navali
sulle circa 11mila in transito,” spiega il Com.te Francesco Bandiera del Corpo Piloti
di Olbia. “Una minuzia se rapportata all’utilizzo del VTS, già pienamente
operativo, e alla raccomandazione delle rotte, praticamente rispettata nella quasi
totalità dei casi”. Eppure le condizioni per un’applicazione soddisfacente
della misura prevista espressamente dall’IMO nello speciale statuto concesso
all’area non mancano. “Come piloti – spiega Bandiera – abbiamo assicurato fin
da subito la nostra disponibilità realizzando, di fatto, il primo pilotaggio a
collaborazione internazionale con i francesi. Un’esperienza pienamente
riuscita, non senza qualche difficoltà di coordinamento burocratico e
istituzionale”.
Quali risultati ha dato questo lungo periodo di sperimentazione?
Gli input
emersi sono stati importanti per chiarire l’orizzonte dal punto di vista delle
criticità operative. Ogni uscita è stata debitamente relazionata con tutte le
domande e le risposte sugli eventuali dubbi emersi. Ora è il momento di
stabilizzare la situazione in un verso o nell’altro: i piloti hanno rispettato
tutte le richieste garantendo turni gratuiti fuori dal servizio regolare nei
porti, con grande senso di responsabilità. Il tavolo tecnico che riunisce il
cluster marittimo e gli enti ministeriali dovrà fornire delle risposte ad una
misura che gli armatori continuano a interpretare come un costo aggiuntivo.
Cosa prevede esattamente questa misura associata
di protezione?
Tecnicamente è differente dal
pilotaggio portuale, caratterizzato da manovre in spazi angusti. Seguendo la
definizione dell’IMO si tratta di
coadiuvare in alto mare il comandante della nave con personale che conosca l’area,
parli la lingua delle due nazioni rivierasche, sia perfettamente a conoscenza
delle procedure concordate dalle autorità marittime di riferimento.
C’è necessità di mezzi e addestramenti particolari?
Lo stretto è una delle zone
più burrascose del pianeta. Per operarvi in piena sicurezza c’è bisogno di mezzi
adeguati, sul modello operativo del Nord Europa: unità auto-raddrizzanti, molta
potenza motore, attrezzature ad hoc a partire da imbragature e strumentazioni
di bordo. Quanto al personale servono piloti con esperienza di imbarco dalla
biscaglina in particolari condizioni marine. A differenza dell’attività che
svolgiamo quotidianamente in porto nella fase di trasferimento del Pilota dalla
pilotina alla nave e viceversa c’è bisogno di un’altra persona a bordo che
coadiuvi le operazioni, presenza essenziale anche per la navigazione nelle
Bocche, una volta che il Pilota è sulla nave. Tutte questioni che abbiamo
ponderato a fondo, insieme alla necessità di una base abbastanza vicina allo
stretto per garantire la massima rapidità di intervento. Non si tratta della
volontà o meno di investire in uomini e mezzi ma della ragionevole certezza di
poter contare su un certo tipo di traffico.
Perché la misura entusiasma così poco gli armatori?
Non ci troviamo di fronte a un
obbligo: l’IMO ha formalizzato solo una raccomandazione. Per giunta in uno
stretto che permette un grosso risparmio di tempo e quindi di denaro. La
situazione ideale sarebbe la persuasione verso l’uso di rotte alternative.
Altrimenti, puntare sull’informazione, anche in sedi internazionali, e su forme
di incentivazioni che non presentino la misura come un costo aggiuntivo. Nell’ambito
del tavolo tecnico, ad esempio, sono emerse proposte interessanti come quella
del sindaco di La Maddalena per un fondo partecipato da armatori, assicurazioni
e parte pubblica. In fondo si tratterebbe di salvaguardare l’equilibrio di
tutto il sistema economico, sociale e ambientale che ruota intorno alle coste
della Sardegna e della Corsica.
Giovanni Grande