DIC 2017 PAG 42 - Bocche di Bonifacio preservare un bene di tutti
Da dove nasce questo impegno per la preservazione delle Bocche di Bonifacio?
Abbiamo il dovere morale di
difendere il capitale strategico rappresentato dalla nostra costa. Non
investire nell’ambiente, nella valorizzazione e difesa del territorio è
illogico, significa precluderci la più valida alternativa di sviluppo su cui
possiamo contare per il futuro. Sotto questo aspetto non può che preoccuparci
il passaggio di migliaia di navi in una zona che in caso di malaugurato
incidente metterebbe a rischio tutta la costa del Nord Sardegna e il Sud della
Corsica.
Come agire per scongiurare quest’ipotesi?
Con tutto il cluster marittimo
e le istituzioni ci stiamo impegnando, tra l’altro, per allargare il più
possibile il ricorso alla “misura associata di protezione” del pilotaggio
raccomandata anche dall’IMO. Questo permetterebbe di passare ad un controllo
attivo della navigazione. Il modello di riferimento potrebbe essere quello
dello stretto di Messina dove si opera con il pilota a bordo o con assistenza
in remoto. Certo per farlo sarà necessario approntare strutture di primo
intervento in prossimità dello Stretto.
È un problema di costi?
Piuttosto parlerei di
opportunità legate ad una maggiore sicurezza. In questo mi conforta la grande
disponibilità mostrata al tavolo tecnico dai rappresentanti degli armatori. Se
si fa il raffronto con il disastro in termini economici, sociali e ambientali che
si dovrebbe affrontare in caso di incidente l’aggravio per l’armatore risulta
davvero marginale. Specie se si riuscisse a coinvolgere nel processo i P&I
attraverso la formazione di meccanismi di assicurazione incentivanti. Ma è un
lavoro che va fatto contestualmente alla scrittura delle regole, alla messa a
punto delle strutture necessarie ad assicurare il servizio e al lavoro di
sensibilizzazione che va fatto a tutti i livelli. D’altro canto, prima del
divieto deciso da Italia e Francia l’Eni prevedeva nei contratti di noleggio
con gli armatori la condizione di non attraversamento dello Stretto. Insomma,
si può fare.
A chi spetterebbe la prima mossa?
Il “pedaggio” per lo Stretto
dovrebbe andare a finanziare direttamente le strutture di primo intervento, per
evitare qualsiasi tipo di polemica. Credo che sotto questo aspetto la Regione
debba assumersi la responsabilità di finanziare e supportare un progetto in cui
coinvolgere successivamente anche i ministeri. Qui non si tratta di impedire
alle navi di navigare. Ma di tenere sotto controllo chi non rispetta le regole,
per difendere la nostra prima e più importante risorsa.
Cosa proporrà invece Federagenti?
Stiamo lavorando affinché in
occasione dell’Assemblea nazionale di Porto Cervo prevista a metà maggio siano
presenti i vertici dell’IMO. Vogliamo sensibilizzarli sulla questione lanciando
una vera e propria sfida culturale sulle tematiche della sostenibilità .
Giovanni Grande